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Scritture bambine
A scuola, si sa, alunni ed alunne scrivono fin dalla prima
elementare: pensieri, racconti, riassunti, temi. Il comporre
è uno degli aspetti fondamentali dell'apprendimento
della lingua e l'efficacia del suo insegnamento ha sempre
preoccupato estensori dei programmi, insegnanti e direttori.
Il direttore della Scuole Elementare maschile di S. Raffaele,
nell'anno 1891, invia al sindaco Riccardo Selvatico i saggi
di lingua eseguiti dagli alunni di IV e V per mostrare
il risultato del lavoro di due anziani maestri, accompagnandoli
con questo commento: " I due vecchi maestri [
]
servirono sempre con zelo e premura e tennero disciplinatissimi
i loro alunni: dove entrambi difettano [
] è nel
dare un buon indirizzo ai loro scolari per ottenere una buona
composizione: mancano di idee, di fantasia e di quella impronta
moderna tanto domandata dai nuovi programmi".
Effettivamente i temi svolti dagli alunni di IV - "Nel
ritorno da una festa campestre, della quale farete la descrizione,
foste colpiti, a tarda sera, dalla vista di un fanciullo limosinante.
Narrate i sentimenti dai quali fu commosso l'animo vostro
a tale impressione" - hanno tutti lo stesso contenuto,
suggerito dal titolo, con particolari ricavati da racconti
sentiti più che da esperienze dirette: la metà
(20) sono giudicati sufficienti, 7 buoni o ottimi, e 18 insufficienti.
Per evitare risultati così deludenti il Direttore
didattico generale delle scuole elementari di Venezia, Lorenzo
Bettini, ha sempre invitato i maestri a scegliere quei temi
che, come ha suggerito il Gabelli e come indicano i programmi
d'insegnamento delle scuole elementari veneziane del 1902,
consentano agli alunni di scrivere di cose che conoscono;
obbligando a parlare del mare ad un alunno sempre vissuto
in montagna, e viceversa, non solo si ottengono risultati
deprimenti, ma lo si abitua a dire di cose che non sa. Occorre
invece partire dall'osservazione e dall'esperienza. Piuttosto
del comporre "per imitazione" giova leggere qualche
pagina di un buon autore e invitare a scrivere un racconto,
una descrizione, una lettera che abbia affinità con
l'argomento trattato. L'efficacia dello scritto aumenta se
i maestri, invece di assegnare troppi compiti a casa, fanno
svolgere esercizi di scrittura in classe, con la collaborazione
e lo stimolo del maestro: l'intera classe può dare
un contributo di idee.
Bettini invita a leggere il libro del prof. A. Bertoli, L'arte
nella scuola, sul metodo del comporre in comune, come
anche il Gabelli aveva indicato.
Il maestro deve trovare o far trovare il tema, indicare i
punti principali, svolgerli prima oralmente con domande e
risposte e poi scrivendo insieme invitando uno alla lavagna;
come un pittore fa lavorare in sua presenza i discepoli per
mostrare il processo dell'arte, così il maestro compositore
avvia all'arte del comporre.
Il fanciullo ha il pensiero confuso
e incerto, - scrive Bertoli - ma io maestro che so leggere
nella sua testa, procuro che si orizzonti e percorra la debita
via. Le idee gli s'affacciano fugaci ed io mi rivolgo alla
sua consapevolezza per approvarle oppure no, secondo il caso:
certi concetti in lui sono monchi, sconnessi, lontani dal
vero; ed io li completo, li modifico, li trasformo, mostrando
continuamente le esigenze della lingua e della sintassi e
appellandomi sempre al suo buon senso e al discorso vivente.
(Comune di Venezia, Relazione ufficiale, 1903)
Se assegnando il tema e lasciando gli alunni liberi di scrivere
senza guidarli ciò che si ottiene è vicino all'afasia,
c'è da chiedersi se il comporre in comune, così
come viene descritto, non induca a scrivere ciò che
ha suggerito, più o meno apertamente, il maestro, e
ripetere ciò che è emerso dalla discussione
in classe, piuttosto che attivare fantasie e riflessioni personali.
Basta leggere i saggi di composizione delle alunne della Scuola
di S. Stefano del 1907, conservati nell'archivio storico comunale,
per rendersene conto: il tema
"Coraggio, confessa, il babbo è tanto buono
e ti perdonerà" ha degli svolgimenti quasi
uguali, dalla cui lettura si evincono i suggerimenti della
maestra piuttosto che i pensieri e i sentimenti delle autrici.
I temi, e in generale i testi scritti, sono senza dubbio
una fonte preziosa per una storia dei bambini e delle bambine,
tenendo però conto del fatto che non ci restituiscono
la loro soggettività, ma semmai il loro desiderio
di corrispondere alle aspettative dell'insegnante, o dei genitori.
Si tratta di una fonte dunque che va letta con attenzione
e accortezza: difficile accertare quanto di autentico contengano
questi scritti e quanto di riportato, ripetuto, inventato.
Un tema come questo, assegnato nel 1899 alla classe III della
Scuola G. Gozzi, che cosa ci dice della bambina che l'ha scritto?
E della scuola?
Rispondete a una vostra amica
che vi chiese come passate la giornata.
Cara amica, la giornata la passo bene: Alla mattina mi alzo,
recito le orazioni, bevo il caffè e poi vado alla scuola.
Alla scuola sto attenta alle spiegazioni della signora maestra,
faccio composizioni, conti, lavoro e leggo. Quando vado a
casa eseguisco il compito con diligenza, poi faccio servigi
alla mamma. E tu come passi il tempo? Ti saluto e ti bacio,
la tua Maria.
Secondo le indicazioni di Bettini in Terza classe gli alunni
cominciano a svolgere piccoli temi, attinenti alla vita della
scuola o alla fanciullezza, racconti e letterine. Anche nelle
classi superiori suggerisce di dare la priorità alla
lettera come la forma di scrittura che più di frequente
si usa nella vita.
Sfogliando i quaderni e i diari dei maestri, nota che i temi
sono ben scelti secondo il criterio di interessare agli alunni.
Eccone alcuni esempi:
"In un'officina avvenne una
disgrazia (riassunto di una lezione fatta a scuola).
"Entrato il babbo la scena cessò"
"Se il micio di Carlino potesse parlare, quante cose
direbbe del suo padroncino!"
"Mentre i ragazzi uscivano di scuola, una vecchietta
ne chiamò uno e lo pregò di scrivere una cartolina
al suo figliolo soldato".
"Proponimenti per il nuovo anno scolastico".
"Giustificate con una lettera gentile al vostro maestro
l'assenza fatta ieri".
"Una visita al Museo civico durante la mostra goldoniana"
"Una passeggiata ai giardini pubblici".
"Una lezione di storia entro la chiesa di SS. Giovanni
e Paolo".
"La sera e il ritorno del babbo dal lavoro".
"Una visita a un povero compagno malato".
"La più bella vendetta è il perdono".
"La nostra bandiera".
(Comune di Venezia, Relazione ufficiale, 1907)
La lingua, in particolare il comporre, continua tuttavia
ad essere la materia dove gli alunni hanno maggior difficoltà.
Questo - rileva Bettini - è da imputarsi anche al metodo
male applicato: l'esercizio del comporre oralmente e del comporre
in comune è trascurato, in modo che gli alunni arrivano
alle classi superiori senza saper chiaramente esprimere i
loro pensieri. Manca la lettura in classe di qualche pagina
d'autore, legata ad una lezione morale o storica o scientifica.
Non c'è gradualità nel metodo, si pretende dall'alunno
che scriva senza fornirgli la materia occorrente: "da
ciò gli esili scritti vuoti di senso e di pensiero,
scorretti e disordinati, che son l'indice intellettuale delle
nostre scuole."
Vi sono eccezioni soprattutto tra le maestre, infatti le scuole
femminili danno risultati migliori. A questo proposito la
lettura dei quaderni
di Maria ed Elena
Bassi è proprio interessante.
(Comune di Venezia, Relazione ufficiale, 1912)
Anche il successore di Bettini, Attilio Dusso, ha a cuore
il comporre, considerata la materia più difficile
da insegnare e poco gradita agli scolari, visti i risultati
scarsi, e vi dedica, nel 1914, una conferenza.
Sfogliando i diari dei maestri nota come prevalgano i temi
di invenzione - la cattiva azione seguita da castigo, ad esempio
- , seguono quelli di occasione - Che cosa hai visto al cinematografo?
- e i riassunti di cose lette.
Dice Dusso:
"Noi abbiamo quotidianamente sott'occhio
la prova che i nostri alunni hanno il cervello talmente indebolito
e guasto dal continuo trattare mal volentieri argomenti inutili
o frivoli o strani, che non appena sono costretti a esprimere
qualche cosa di serio e di vero, annaspano disperatamente
e producono miserrime pagine".
Dusso vuol convincere dell'inutilità dei temi di
fantasia che imperversano nelle scuole - nonostante i
programmi più volte richiamati da Bettini - , elencandone
gli aspetti negativi: non interessano lo scolaro; sono inadatti
al grado di sviluppo intellettuale; abituano all' imitazione
piuttosto che all'osservazione; non hanno attinenza con la
vita.
E che cosa suggerisce? Ciò che già aveva indicato
Bettini: esposizione di fatti reali, descrizione di cose e
di fenomeni osservati, riassunti di lezioni, parafrasi di
letture, racconti di gite, visite ecc.. L'immaginazione dei
fanciulli infatti "piuttosto che inventiva è riproduttiva".
In Archivio se ne può leggere un
esempio.
Il Direttore della Scuola di S. Provolo Ettore Bogno, in
una conferenza sul tema indica le fonti del comporre:
1. Resoconti di ciò che avviene
a scuola o delle lezioni;
2. Riassunti di lezioni;
3. Descrizioni di oggetti, quadri, cose, luoghi visti o conosciuti;
4. Riassunti di letture
5. Narrazioni di gite, visite, fatti visti o uditi;
6. Vita dei fanciulli (di scuola, di casa, di strada, intima:
desideri, curiosità, sogni);
7. Giochi;
8. Lettere.
I programmi della scuola media unica prevista dalla Carta
della scuola di Giuseppe Bottai prevedevano la stesura
quotidiana di una "cronaca" nella quale raccontare
i fatti del giorno; questo diario, scritto in un quaderno
apposito, veniva letto e valutato dall'insegnante. La lettura
di uno di questi quaderni(il "Diario
di una Piccola Italiana") fa capire come non possano
essere considerati dei diari in cui liberamente il ragazzo
o la ragazza dà forma scritta ai propri sentimenti,
desideri, ansie, paure, ma esercizi che rivelano semmai lo
sforzo di compiacere all'insegnante. Un vero diario del resto
ha carattere privato e non può essere sottoposto a
valutazione. Questo genere di diari, intimi e privati,
liberamente scritti rispondendo a esigenze e ispirazioni personali,
non tanto a "compiti" esternamente imposti, sono
più frequentemente rimasti chiusi nei cassetti, o andati
perduti.
In questo modo la scuola - come scrive Maria Bacchi, studiosa
dell'infanzia - "si fa promotrice di una catena di silenzi
paradossalmente crivellata di parole: parole copiate, parole
ripetute, parole di circostanza, luoghi comuni, formule."
Una diseducazione, più che una educazione alla scrittura.
(Maria Bacchi, La voce, il corpo, l'assenza, in La
scuola fa la storia. Gli archivi scolastici per la ricerca
e la didattica, Nuova Dimensione, Portogruaro-Ve 2002)
Bisogna arrivare agli anni '50 per cominciare a trovare -
tra il dilagare di pensierini e termini che ricalcano fino
alla nausea strereotipi ben radicati - una produzione scritta
a scuola in cui il bambino/la bambina si esprima liberamente,
grazie ad alcuni maestri e maestre innovatori che, nell'Italia
uscita dalla guerra, si pongono il problema di un rinnovamento
del modo di educare.
Scrive Mario Lodi:
"La mia generazione ha imparato
a leggere e a scrivere nella scuola fascista, senza libertà
di espressione e con finalità obbligate: esaltare le
grandi opere del regime che avrebbero dato all'Italia un avvenire
di grande potenza e preparare quindi i giovani a credere,
obbedire, combattere. Al centro della scuola c'era la lezione
della maestra e il tema. La nostra vita di bambini che si
divertivano giocando nel tempo libero, i nostri effetti, i
nostri sogni non dovevano essere espressi e comunicati.
Anche la scuola superiore aveva come prova fondamentale dell'apprendimento
linguistico il tema: si scriveva su ciò che i professori
ci indicavano. Quando mi diplomai maestro entrai nella scuola
come supplente e feci altrettanto: i bambini erano valutati
col voto sul tema che io assegnavo scegliendo fra quelli proposti
dalle riviste scolastiche. [
] cominciai ad avere qualche
dubbio e scoprii che quando il tema che davo proponeva un
racconto vicino alla loro esperienza, essi avevano molte cose
da narrare e le esprimevano con sincerità, quando invece
era lontano dalla loro vita, essi cercavano di mettere insieme
qualche idea e il risultato non poteva che essere deludente.
Allora pensai di abolire il tema e di provare a lasciarli
liberi di scrivere quel che volevano. Avvenne una specie di
rivoluzione perché non solo tutti avevano molte cose
da raccontare, ma chiedevano di farlo a puntate. Le chiamavo
"cronache". [
] Per la prima volta, ascoltando
questi testi, scoprivo la vita segreta dei ragazzi e il loro
piacere di raccontare."
(Mario Lodi, Quello che gli occhi vedono, "Primapersona.
Percorsi autobiografici", dicembre 2002)
E' quello che fa a Martellago nel 1955 il maestro Angelo
Grimaldo con gli alunni della sua classe, i cui pensieri
liberi, ricopiati e illustrati in un quaderno, sono diventati
un libro intitolato "La
vita quotidiana", conservato dal maestro.
Mario Lodi, come Grimaldo e molti maestri veneziani, incontra
il Movimento
di cooperazione educativa e viene a conoscere la tecnica
della stampa che Celestine Freinet aveva posto al centro
della scuola: gli alunni componevano i loro testi, correggevano
le bozze, li stampavano e li facevano circolare.
A partire dagli anni '50, e soprattutto negli anni '60 e '70,
si incontra sempre più di frequente nella scuola di
base la produzione scritta come libera espressione della
soggettività, non come momento di controllo e di
valutazione - diari, giornalini, quaderni, racconti illustrati
- che sono stati conservati ed escono fuori da archivi scolastici
e privati. (In Archivio si possono leggere pagine
di diari e di un
quaderno raccolti da Alba Finzi)
Ma - conclude Maria Bacchi - vi sono gli alfabeti muti, gli
inchiostri simpatici, i diari chiusi col lucchetto e nascosti
sotto il materasso, i tatuaggi, i messaggi scritti sulle mani,
i rifugi segreti, "tutto quel mondo infantile e più
ancora adolescenziale che per esistere ha bisogno di resistere
all'impulso educativo o normalizzatore degli adulti".
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Foto 1. Quaderno di Appunti di Elena Vittoria Bassi. 1921.

Foto 2. Maria Bassi. Quaderno di Dettato. 1909

Foto 3. Pagina del quaderno di Elena Bassi.

Foto 4. Quaderno di prima fi F.G.. 1952.

Foto 5. Quaderno di prima di F.G.. 1952.

Foto 6. La partita alla televisione. Quaderno di Alessandra
Z. 1962
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Foto 7. La mia stanza. Quaderno di Alessandra Z. 1962

Foto 8. Pagina di diario. Quaderno di Alessandra Z. 1962

Foto 9. Pagina del "Diario di classe" (ciclostilato).
Le botte.

Foto 10. Pagina del "Diario di classe" (ciclostilato).
I criceti.

Foto 11. Pagina del "Diario di classe" (ciclostilato).
Il Vaiont. 1963.

Foto 12. Pagina del "Diario di classe" (ciclostilato).
Il paese delle meraviglie. 1963.

Foto 13. Pagina del "Diario di classe" (ciclostilato).
"Gira gira giornalino". 1965.
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