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[Tema
Descrivete la gita scolastica ... - 1904] / pag. 1/1

alla scheda sulle Passeggiate educative [mts]

Scuole elementare femminile Priuli,
Classe IV
Venezia 14 giugno 1904
Piva Elena

Tema
Descrivete la gita scolastica ad un'amica che non ha potuto prendervi parte.

Lettera

Mia diletta Giuditta,
eccomi a darti un esatto ragguaglio della nostra gita, come ti avevo promesso.
Alle sette e tre quarti, eravamo tutte pronte all'appello col nostro cestellino colla colazione. Ci raccogliemmo nella prima sala della scuola, quivi trovammo le nostre compagne delle altre due aule e le bambine della scuola di S. Trovaso, centoventiquattro in tutte! Che confusione! Che bisbiglio!
Pareva che Giove Pluvio volesse mandare in fumo il nostro divertimento, perché proprio alle otto cominciò a cadere una fitta pioggia, che per fortuna durò poco. La signora direttrice, anzi, avendo consultato il barometro, e, visto che segnava basso, non voleva lasciarci partire, ma persuasa dalle parole del capitano del vaporino, accondiscese alla partenza.
Eccoci dunque, classe per classe, divise per ischiere come in ginnastica, avviarci al Museo Civico ed imbarcarci nel piccolo piroscafo.
Al pontile c'erano babbi, mamme, zii, parenti insomma, che facevano le ultime raccomandazioni e gli auguri a noi piccole gitanti, mentre la direttrice, le maestre e le custodi, erano affaccendate a metterci a posto; anzi, perché tutte potessero accomodarsi, mandarono a prendere delle panchine dalla scuola e delle sedie dal Museo. Finalmente, eccoci riordinate, il vaporino si stacca dalla riva, percorre il maestoso Canal Grance, ove si ammirano i sontuosi palazzi che lo costeggiano, testimoni della grandezza dell'antica repubblica.
Passato il Canalazzo, entriamo in laguna, in questa bella e poetica laguna, tanto decantata da poeti e prosatori.
Ammiriamo a sinistra una parte di Venezia, cioè: il Molo, la Riva degli Schiavoni, i Giardini pubblici, S. Elena, i bacini dell'arsenale, S. Pietro di Castello (l'antica cattedrale) e la Certosa; a destra S. Servilio, l'isola delle Grazie e più lungi l'isola di S. Lazzaro.
Il vaporino costeggiò quasi il Lido, dalla parte di S. Nicoletto, ed anche entrammo in porto, se il mare non fosse stato agitato, avremmo proseguito da quella parte il nostro viaggio, ma fu giocoforza retrocedere. Così potemmo veder meglio il forte di S. Andrea, l'isola ove si tengono le munizioni, e conoscere praticamente che cos'è un porto.
Eccoci di nuovo in laguna, dirette per Burano. Scorgemmo il Cimitero. E mandammo un saluto ai nostri cari defunti, passammo dinanzi a Murano e poi entrammo nel canale che conduce direttamente a Burano.
Alle dieci e un quarto, eccoci arrivate.
E' inutile dirti che smontammo con lo stesso ordine con cui ci eravamo imbarcate; quei buoni isolani ci fecero festosa accoglienza. Ci vennero incontro l'assessore Vio, facente funzione di sindaco, ed il direttore didattico di Burano, i quali ci condussero a visitare una scuola di merletti, ove lavorano duecento operaie.
E dire che c'era un silenzio sepolcrale! Che lavori da perderci gli occhio Giuditta mia!
La buona suora e il direttore dello stabilimento ci mostrarono i lavori compiuti, che costano novemila lire e più.
Interrogammo quelle giovani, ed esse a rispondere che lavorano a cottimo e che per aver più guadagno si portano anche il tombolo a casa. Che bella lezione danno a noi, cui puzza tanto l'ago in mano. [leggi in Archivio il discorso di un'alunna alle merlettaie]
Lasciato lo stabilimento volgemmo il pensiero a Dio e ci recammo nella cattedrale dedicata a S. Martino. Era addobbata a festa per la ricorrenza dell'ottava del Corpus Domini; nulla di bello però essa contiene tranne un dipinto sopra la porta maggiore che rappresenta lo sposalizio di Maria Vergine.
Di ritorno dalla chiesa andammo nella scuola maschile ove facemmo colazione. Il viaggio e le passeggiate avevano aguzzato tanto il nostro appetito che divorammo le nostre provvisioni ed anche la colazione che ci aveva provveduto il Municipio, consistente in un uovo sodo, formaggio e pane. Poi giocammo un po' in un piccolo prato, indi, per ischiere, ci dirigemmo al vaporino che ci condusse a Torcello.
Cantando giungemmo alla storica piazza e ad una per volta ci sedemmo sulla soffice poltrona di marmo (che dicono si sia seduto Attila re degli Unni).
Poi visitammo la chiesa di S. Maria e di S. Fosca, il Muse Provinciale, dove si raccolgono statue, mosaici, monete, bandiere antiche. Avremmo voluto correre per la piazza, giuocare un poco, ma dovemmo imbarcarci per andar a visitare le saline, nell'isola di S. Felice.
Durante il tragitto mangiammo delle prugne offerteci dal signor Vio e cantammo allegramente, come già avemmo cantato tutte le volte che ci eravamo trovate in laguna. Eccoci a S. Felice, isola con soli centoventi abitanti dediti quasi tutti alla fabbricazione del sale. Dopo aver percorso una strada stretta e alquanto tortuosa, arrivammo alle saline.
Il ragioniere della fabbrica, Teodoro Toderini, ci parlò del modo con cui si estrae il sale dall'acqua del mare, ma qui troppo lunga la farei se ti esponessi la sua lezione, mi riservo di parlartene a voce.
Ci condusse in un capanno dove c'era una grande massa di sale, in forma di piramide quadrangolare. Noi tutte, col suo permesso, ne prendemmo una manciata, e la maestre badava a dirci: Sì, sì, fatene una buona provvista che ne avete bisogno.
Fin qui tutto andò bene, anzi ti dirò che il cielo un po' nuvolato, e quel fresco venticello, favorì la nostra gita; ma ecco che di ritorno dalle saline s'udì il rumoreggiare del tuono, e tratto tratto si videro guizzare di lampi nel cielo che si faceva sempre più oscuro. Affrettammo il passo e montammo in vaporino. Dopo pochi minuti di viaggio cadde una pioggia torrenziale. Ci riparammo quasi tutte sotto coperta, tranne la nostra maestra, quella della V di S. Trovaso e altre bambine.
Qui non ho parole per descrivere lo spavento di tutte, chi gridava, chi piangeva, chi chiamava la mamma, ma, ti so dire, ch'era una paura per niente, perché la superficie dell'acqua non era per nulla agitata.
Non mancarono le scene tristi e le scene buffe. La Modolo fu presa da un accesso nervoso, la Sheraschevschy fu presa dalle convulsioni, la Broccalli saltò sul ponte di comando insieme al capitano e l'Asperti recitò il Confiteor, in attesa del confessore…Le maestre si sgolavano per dirci: non c'è pericolo, tacete scioccherelle. La nostra ci diceva: cantate: Oh sole fiammeggiante, oh vesperi sereni, e vedrete che il sole apparirà.
Intanto il signor Vio, sturate delle bottiglie di vino bianco spumante, le dava a bere alle più paurose per incoraggiarle. Rincorate un po', cantammo, ed ecco da lì a poco cessare la pioggia, squarciarsi le nubi ed apparire il sole. Un grido di gioia eruppe dai nostri petti. Ci fu servito uno spuntino, dalle custodi, di pane e ciliegie, offertoci anche questo dal Municipio.
Alle sei e mezzo, giungemmo al Museo, ove trovammo ansiosi i nostri genitori che ci attendevano, ma noi ci recammo colle maestre alla scuola per rispondere all'appello e salutare la buona direttrice che per noi era stata in grande agitazione, ritornammo a casa più liete, più stanche, coi vestiti un po' sciupati, ma con più cognizioni.
T'accerto che se anche vivessi gli anni di Matusalem, non mi dimenticherei questa gita che sarà uno dei più cari ricordi della mia fanciullezza.
Addio, lunedì alla scuola ti dirò il resto e ti darò alcune cartoline colle vedute di Burano e di Torcello,
Ti abbraccia la tua compagna
Elena (Piva)