Alla Linea del  Tempo Le parole chiave Venezia e Mestre, scuola per scuola Se nascevi nel... Foto,  documenti, fonti, ... Che cosa c'è in questo CD Alla copertina Chiudi ed esci All'inizio di questa sezione
FEMMINILE / MASCHILE  
   
[cb] 
 



EDUCAZIONE ED EMANCIPAZIONE FEMMINILE

Una delle tematiche centrali del periodico emancipazionista "La Donna" diretto da Alaide Gualberta Beccari (vedi foto n. 1), pubblicato a Padova dal 1868 al 1869, poi a Venezia e dal 1877 fino al 1891, anno in cui è uscito l'ultimo numero, a Bologna, riguarda l'educazione femminile.
Secondo le collaboratrici di questo giornale, per la nascita della donna "nuova" è fondamentale partire dall'educazione femminile. Non a caso nella prima testa del giornale si legge "Periodico morale ed istruttivo. Compilazione di donne italiane", modificata qualche anno dopo in "Periodico d'educazione compilato da donne italiane" (vedi foto n. 2).

È la stessa Beccari dalle pagine del suo giornale a spiegare il significato di questa intestazione:

"Fra i molti consigli che vado ricevendo, più volte mi si è ripetuto quello di non intitolare La donna periodico d'educazione. Ho sempre risposto ciò di cui sono convinta, che cioè, il mio periodico era veramente tale quale s'intitolava, perché esso vagheggiava un'educazione sociale del tutto rinnovata. S'esso non era educativo nel senso elementare della parola, era tale nel suo più ampio significato. Tutto è questione d'educazione".

Secondo l'autrice solo attraverso l'educazione le donne possono liberarsi dei pregiudizi che per secoli le hanno soggiogate e assumere consapevolezza del loro ruolo di cittadine, mogli e madri educatrici delle nuove generazioni.
Nel giornale, quindi, lo spazio dedicato agli argomenti relativi all'educazione femminile è consistente, si trovano articoli che vanno dalla rivendicazione di parità d'istruzione tra ragazzi e ragazze ad articoli che sottolineano le difficili condizioni di vita delle maestre di campagna soprattutto in relazione ai loro colleghi maschi.

Per quanto riguarda l'istruzione femminile numerosi sono gli articoli che sottolineano la necessità di aprire scuole superiori femminili equivalenti a quelle maschili già esistenti: le possibilità di continuare gli studi per le ragazze erano molto limitate e inoltre non potevano iscriversi in scuole considerate esclusivamente maschili come il liceo o le scuole tecniche. Non bisogna dimenticare che la legge Casati, in vigore dal 1859, prevedeva una netta divisione tra scuole femminili e maschili fin dalle elementari, questa differenziazione poggiava sul fatto che fin dai primi anni di scuola i programmi scolastici dovevano essere diversi, ossia per le bambine molte ore settimanali dovevano essere dedicate ai lavori donneschi, mentre i maschietti impiegavano quel tempo con lo studio della geometria e del disegno lineare.

Non a caso alcune delle collaboratrici, come Anna Maria Mozzoni e la stessa Beccari, sostengono il bisogno di perorare la causa delle scuole miste, altrimenti non si riesce ad uscire dal circolo vizioso instaurato dal sistema scolastico italiano che impediva la coeducazione. A tale proposito in un articolo del 1883 della Beccari si legge:

"speriamo poi che col tempo, le scuole miste ci verranno accordate, e allora notando le famiglie i vantaggi massimi che ne deriveranno, per l'educazione dei loro figliuoli, esclameranno nel loro segreto: Chi le sosteneva e le volle introdotte, aveva ben ragione!".

In linea con questa posizione il giornale espresse la sua contrarietà verso la creazione dell'istituto di Magistero Femminile, perché in questo modo si sarebbe precluso l'accesso delle donne all'Università e si sarebbe ulteriormente consolidata una netta separazione e diversificazione tra istruzione femminile e maschile.
Tra le collaboratrici di area veneta che scrivono in prevalenza articoli relativi all'educazione femminile troviamo Rosa Piazza, Adele Chiminello, Linda Maddalozzo, Erichetta Usuelli Ruzza ed Erminia Fuà Fusinato.
Queste donne sono tutte strettamente legate al mondo scolastico in quanto a loro volta sono insegnanti di scuole femminili, in particolare insegnano o nella scuola normale o nella scuola superiore femminile ossia nelle uniche scuole che, nei primi anni di vita dello stato unitario, esistevano per le ragazze una volta terminata la scuola elementare. Queste collaboratrici hanno costantemente dato notizie sui lavori dei vari congressi pedagogici che ogni due anni si tenevano in una diversa città italiana, in particolare numerosi sono gli articoli, scritti da Linda Maddalozzo e Adele Chiminello, riguardanti l'VIII congresso pedagogico svoltosi a Venezia nel 1872.

Nella rivista ampio spazio trovano sempre le notizie relative all'apertura di nuove scuole superiori femminili; ad esempio la prima pagina del numero uscito il 4 dicembre 1869 è dedicata all'apertura della nuova scuola superiore femminile di Venezia.
Numerosi sono pure gli articoli su conferenze e convegni tenuti da relatrici in merito all'istruzione femminile e più in generale sull'educazione a partire da quella della prima infanzia; molti sono infatti i servizi dedicati ai giardini fröbeliani.
Basti pensare ai numerosi articoli di Rosa Piazza in cui si parla di conferenze e raccolte di fondi per la diffusione dei giardini d'infanzia e per l'apertura di scuole professionali femminili, che dovevano offrire una concreta possibilità lavorativa per le giovani che provenivano da famiglie non particolarmente agiate.
A questo proposito Rosa Piazza, in una conferenza a sostegno della nascita della scuola professionale femminile di Venezia, ricorda che di scuole professionali femminili si è discusso a lungo nei vari congressi pedagogici, ma "sgraziatamente a tante belle parole seguirono fatti troppo lenti e troppo meschini".

In effetti, fino al 1876, vi sono scuole professionali solo a Genova, Torino e Milano, quest'ultima sorta per iniziativa privata. Il fine della scuola professionale per Rosa Piazza è quello di

"offrire alle fanciulle uscite appena dalle scuole elementari, il mezzo di provvedere onoratamente ai propri bisogni dedicandosi ad una professione ed apprendendola non già nelle officine a contatto di chiunque si presenti, con poca nessuna tutela pei proprii sentìmenti e pel proprio candore, ma in una scuola, sotto lo sguardo intelligente ed amoroso delle maestre e sotto l'impero dei più sani principii pedagogici e di severa quanto amorosa disciplina".
Rosa Piazza conclude la sua conferenza invitando ogni città a istituire una scuola professionale femminile, che

"si popolerebbe ben presto di tutte quelle giovani che, o per provvedere al bisogno imperioso del momento, o per prevedere quello possibile del futuro, volessero avere, come suol dirsi, una buona professione in mano per poter vivere più tranquille e godere di quella nobile alterezza che mette indosso il pensiero di poter bastare a sé, qualunque sventura sia per riserbarci l'avvenire".

A Venezia la scuola professionale femminile verrà aperta solo nel 1891, anche se si comincia a parlarne concretamente, proprio per opera di Rosa Piazza, già nel 1876 e successivamente nel 1885 quando il Comune incarica un'apposita commissione per redigerne il programma.

Nel giornale numerosi sono anche gli articoli dedicati alle condizioni di vita delle maestre. Spesso si tratta di vere e proprie lettere inviate da maestre che sottolineano la disparità di trattamento economico rispetto ai loro colleghi maschi.
Dopo l'Unità d'Italia si assiste ad un progressivo aumento del numero delle maestre rispetto ai maestri. L'aumento delle maestre, oltre ad essere legato al maggior numero di ragazze che si iscrivono alle scuole normali rispetto ai loro coetanei, dipende dal fatto che molti comuni preferiscono assumere maestre anche per le classi maschili, visto che il loro stipendio è per legge di 1/3 inferiore a quello dei loro colleghi (Legge Casati, art. 341 - per i maestri esistono 24 tipi di stipendio: 3 classi diverse per le elementari inferiori, 3 per le superiori, queste 6 classi diventano 12 perché vi è un'ulteriore differenziazione tra scuole urbane e rurali, a cui si aggiunge la divisione legata al sesso dell'insegnante.
Il gradino più basso di questa scala era occupato dalla maestra rurale delle elementari inferiori, quello più alto dal maestro di città delle elementari superiori).

Spesso nella rivista "La Donna" si trovano interventi di protesta contro la disparità tra gli stipendi di maestre e maestri:

"i programmi d'insegnamento stabiliscono gli stessi studj che per i maschî, col più dei lavori donneschi; gli esami delle une e degli altri vanno sottoposti alle stesse norme: le qualifiche dei loro attestati di abilitazione, si basano su eguali criterj: gli obblighi inerenti alla loro professione sono i medesimi: le ore di insegnamento per tutte le classi della scuola sono eguali in quanto allo studio, ma ce n'è una giornalmente pel lavoro donnesco, a solo carico della maestra".

Sempre nello stesso articolo si legge:

"una maestra non ha bisogno di una ricompensa eguale a quello di un maestro, perché essa non ha una famiglia da mantenere, perché ha meno occasioni di spender denari, perché ha meno vizj da sodisfare. Ma Le pare che questi siano ragionamenti validi a giustificare, o non piuttosto ad accusare? Chi vi dice, signori legislatori, che una maestra non possa avere una famiglia da mantenere? [...] E quel dire che una maestra ha meno occasioni di spender denari, non è anch'essa una fanciullesca asserzione, e tanto opposta alla realtà quanto il bianco al nero? [...] In quanto ai vizj da soddisfare, credo che abbiate ragione; però vi pare d'agire moralmente, se pensate davvero di stabilire un mezzo perché possano venir sodisfatti?".

A questo proposito Linda Maddalozzo scrive:

"se oggi concorrono ad un posto una maestra e un maestro, quest'ultimo viene sempre preferito e con esso il maggior stipendio è pronto. Ma se per un accidente qualunque, il maestro dopo essere stato nominato, rifiuta il posto e s'è costretti a chiamare la maestra, allora e governo e municipio non hanno più la somma fissata pel maestro, una di minore";
la Madddalozzo conclude il suo articolo auspicando che le maestre si uniscano tra loro e trovino
"il coraggio, che finora non ebbero, di chiedere a forte voce la cessazione delle ingiustizie di cui finora si lagnarono sommessamente, e unanimi impiegheranno tutti quei mezzi forti ed energici onde ottenere la rivendicazione delle loro giuste aspirazioni, il risultato più lieto dei loro desideri e insieme dei loro diritti. Chi non si leva contro l'ingiustizia, finisce col meritarla e col rendersene schiavo".

Sempre a questo proposito leggiamo:

"le povere maestre rurali ... - Povere martiri, non vi sarà mai nessun ministro dell'istruzione pubblica che pensi a voi, e in ricompensa del tanto bene che fate, vi assicuri almeno il pane quotidiano? - [...] donne valorose, eroiche giovani che percorrono una via di dolore, di abnegazione, di sagrificio, pure di giovare alla patria. Ebbene, signori, queste donne insigni, queste giovani degne di lode, di venerazione, sono le maestre. A loro viene affidato il compito difficile, scabroso dell'educazione, dell'istruzione; spetta a loro formare il carattere morale dell'individuo; spetta alla scuola con l'ajuto della famiglia, spargere il lume della scienza, la fiaccola della virtù. Una ragazza a diciott'anni [...] conduce il suo apostolato senza lamenti, senza imprecazioni, beata e contenta di essere utile ad altri, di soccorrere l'indigente sua famiglia. Spera la povera maestra, dopo un anno di fatiche improbe, di delusioni tremende, di pene, di timori, spera di potere con il suo stipendio ajutare la madre, i fratelli orfani. Povera martire! non lo sai che con 550 lire non arrivi nemmeno a pagare l'alloggio ed il vitto?".

Inoltre non è da trascurare il fatto che il giornale cerca di offrire una panoramica generale sulla condizione della donna a livello mondiale; non a caso molti articoli sono traduzioni di notizie provenienti dall'estero che mettono in risalto i progressi ottenuti nel campo dell'istruzione femminile: dalla coeducazione all'accesso all'Università o alla parità di stipendio tra insegnanti.


G. A. BECCARI, Corrispondenze in famiglia, "La Donna", 15 ottobre 1878.
G. A. BECCARI, Dell'educazione in comune, "La Donna", 20 luglio 1883.
R. PIAZZA, Delle scuole professionali femminili, "La Donna", 30 settembre 1877.
CORNELIA, Sulla disparità di stipendio tra maestri e maestre, lettera aperta alla direttrice, "La Donna", 12 novembre 1886.
L. MADDALOZZO, Ancora una proposta del congresso pedagogico, "La Donna", 27 marzo 1873.
Spigolando, "La Donna", 2 agosto 1890.

 

 

Foto 1. Gualberta Alaide Beccari

Foto 2. "La Donna", n. 175, 1872. Frontespizio.

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

 

su

 

 

 

 

 

su

 

 

 

<<  Indietro

Esci e chiudi l'ipertesto Alla pagina precedente