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COSA SI IMPARA, COME SI INSEGNA / ORDINAMENTI  
   
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Scuole superiori femminili

Le scuole superiori femminili nascono subito dopo l'Unità d'Italia: la prima viene inaugurata a Milano nel 1861, alcuni anni dopo viene istituita quella di Torino e dopo il 1869 vengono aperte quelle di Bologna, Casale Monferrato, Firenze, Genova, Padova, Rimini, Roma, Venezia e Verona. Fino al 1879 in tutta la penisola esistono solo queste undici scuole superiori femminili pubbliche, perlopiù gestite dai comuni, tutte dislocate nel centro-nord e in particolare nel Veneto: nel 1869 si apre quella di Venezia, nel 1870 quella di Padova e nel 1871 quella di Verona.

Il 1869 è l'anno in cui il ministro della pubblica istruzione, Angelo Bargoni, emana una circolare in cui si esortano i comuni a istituire scuole superiori femminili. Come si legge in un articolo di Rosa Piazza apparso sulla rivista "La Donna" il ministro

"mostrandosi seriamente preoccupato dell'importanza di una buona educazione e di una soda coltura da darsi alla donna e della mancanza quasi totale di questa coltura, invitava i Municipî delle città italiane a fondare, sull'esempio di Milano e di Torino, delle Scuole Superiori nelle quali le fanciulle di condizione agiata potessero trovare quella maggior copia di studî domandata dai bisogni del nostro tempo d'accordo colla loro intelligenza; e prometteva l'aiuto del Ministero a quelli fra i Municipî che primi avessero risposto all'appello".

La circolare Bargoni mette a disposizione dei comuni un contributo governativo pari alla metà degli stipendi degli insegnanti, detratta la somma ricavata dalle tasse delle allieve, a condizione però che programmi e regolamenti vengano preventivamente presentati al Ministero della Pubblica Istruzione per l'approvazione, e che il personale insegnante venga nominato mediante regolare concorso.
Bargoni sottolinea che fino a quel momento

"Il pensiero del legislatore fu particolarmente rivolto ad estendere l'istruzione pei maschi, preparando un doppio ordine di scuole secondarie adatte a condurre all'esercizio delle industrie e delle professioni, e ad elevare il livello della cultura comune; ma per la donna non è andato più in là dell'insegnamento elementare. Se si eccettuino i pochi convitti, nei quali è istituito un corso perfettivo, e le scuole normali dove le maestre ottengono un'istruzione un poco più elevata, non vi è nel nostro ordinamento scolastico nulla che vada oltre le esigenze di una prima elementare e volgare educazione. Però, nel mentre i giovinetti, anche dei ceti meno agiati, si affollano oggidì nelle scuole tecniche in cerca di una cultura superiore alla elementare, le fanciulle, a qualunque ceto appartengono, devono accontentarsi delle scarse e superficiali cognizioni apprese in quella prima scuola, e troncare lo studio quando più tornerebbe utile e desiderato di continuarlo".

Per il ministro la necessità di creare nuove possibilità d'istruzione per le donne è dimostrata dall'affluenza straordinaria di alunne alle scuole normali "dove insieme colle aspiranti maestre entrano non poche giovinette, le quali non cercarono la carriera magistrale, ma solo un'occasione di studio e di occupazione scolastica".
Dello stesso parere è anche Aristide Gabelli, che si lamenta del fatto che pochi comuni, a un anno di distanza, hanno approfittato dell'aiuto economico promesso della circolare, e che quindi per la maggior parte delle città permane il problema dell'istruzione delle giovani

"di condizione mezzana, alle quali la spesa del collegio o dell'insegnamento in famiglia riesce troppo grave, per i piccoli proprietari, i commercianti, gli avvocati, i notai, gl'ingegneri, i medici, per tanto numero insomma di popolazione non ricca, ma eletta e còlta, non c'è ancora nulla che serva a dare alle loro figlie un'istruzione che vada solamente al di là del leggere, dello scrivere e di fare alla meglio un conto, di quel tanto cioè che si insegna nelle scuole elementari".

Quando un comune decide di aprire una scuola superiore femminile in Consiglio Comunale si hanno delle accese discussioni tra i vari consiglieri pro o contro. I consiglieri favorevoli all'apertura di tali scuole riprendono le argomentazioni della circolare Bargoni: forte disparità nella possibilità di continuare gli studi tra ragazzi e ragazze, difficoltà nel proseguire gli studi soprattutto per le giovani del ceto medio-alto, istruzione femminile utile per l'intera società in quanto queste giovani saranno le madri dei cittadini di domani, finalità pratiche legate ai bisogni dell'ambiente domestico.
Negli Atti del Consiglio Comunale di Padova si legge:

dirozzando la intelligenza femminile, ma negando in pari tempo ad essa quella modesta cultura generale e quelle cognizioni pratiche, le quali nella situazione a cui destinolla natura, oltrecché a sé medesima, tornano utili alla famiglia ed alla società, di cui è l'ornamento, e sulla quale esercita una incontrastabile influenza, [...] Limitando l'educazione ai corsi inferiori, si compie opera, anziché utile, dannosa.

Più volte si sottolinea che questa scuola non vuole essere un'università femminile "destinata a creare delle letterate ed a portare uno squilibrio fra la missione della donna e le sue facoltà morali ed intellettive. Con questa scuola non si esperisce un'inconsulta vendicatoria dei diritti della donna, ma è piuttosto la società, che per sé medesima rivendica tanta parte di lavoro umano di cui fu fino ad ora defraudata".

Così pure a Venezia, ove l'assessore alla pubblica istruzione durante il discorso tenuto in occasione dell'apertura della scuola sostiene che:

la donna, essendo la base ed il centro del domestico edificio, colei cui la società affida il più delicato ministero, la prima educazione de' figli, ha in mano l'avvenire sociale. È dessa che insinua nelle tenere menti e nei vergini cuori que' primi indestruttibili germi che più o meno fecondati e sviluppati dappoi, sono destinati a far sorgere gli eroi od i vili, gli altari od i patiboli, la prosperità o lo sfacelo delle nazioni. Sublime e creatrice per eccellenza, più cospicua forse di qualsiasi altra, è la missione della donna.

L'assessore sottolinea più volte che lo scopo della scuola superiore femminile è quello di formare delle giovani che diventeranno delle ottime educatrici dei propri figli e precisa che non si tratta di una scuola che vuole formare delle donne dotte, perché la donna che "si slancia sul terreno di studî più gravi, tra le fredde speculazioni della scienza e le pesanti disquisizioni degli accademici, perde tutto il suo prestigio, ed in generale produce l'impressione medesima che desterebbe la vista d'un uomo che lavora in trapunti".

I programmi delle scuole superiori femminili variano da città a città, così pure le ore dedicate ai vari insegnamenti.
Tra le materie insegnate troviamo: religione; morale; lingua e lettere italiane; geografia e storia; lingua francese (in alcuni casi oltre al francese sempre presente viene insegnato anche l'inglese e il tedesco); aritmetica, geometria e contabilità; storia naturale, chimica, fisica ed igiene; disegno; calligrafia; canto; lavori donneschi; ginnastica e portamento o ballo. L'insegnamento della religione è facoltativo, numerose sono infatti le ragazzine di origine ebraica che frequentano questo tipo di scuole. Tra le materie opzionali in alcuni casi si trova anche il tedesco, la contabilità o le lezioni di ginnastica e portamento.
Si tratta quindi di una scuola femminile di cultura generale, non direttamente collegata ad uno sbocco professionale. Non a caso nella circolare Bargoni si distingue tra scuole superiori, oggetto della circolare stessa, e professionali di cui il ministro promette di occuparsi in un prossimo futuro.
A questo proposito Rosa Piazza, nella sua conferenza sulle scuole professionali femminili, auspica la nascita delle scuole professionali femminili così si avrebbe la coesistenza di tre tipi diversi di scuole postelementari a cui le giovani potrebbero iscriversi:

"così i tre scopi diversi che può proporsi l'educazione femminile, sarebbero raggiunti del pari. Alla scuola Normale accorrerebbero quelle giovanette che intendono consacrarsi alla carriera dell'insegnamento od amano continuare lo studio, apprendendo in pari tempo quelle norme pedagogiche che le aiuteranno ad allevare un giorno saggiamente i propri figliuoli. Della scuola Superiore approfitterebbero quelle i cui mezzi e le attitudini le spingessero a progredire utilmente negli studî e ad arricchirsi di una coltura quale non potrebbesi migliore in nessun collegio, né pubblico, né privato e quale si domanda imperiosamente dalla società odierna in cui le cognizioni letterarie e scientifiche devono entrare o per amore o per forza da tutte le parti. [...] E ritornando alla Scuola professionale, essa si popolerebbe ben presto di tutte quelle giovani che, o per provvedere al bisogno imperioso del momento, o per prevedere quello possibile del futuro, volessero avere, come suol dirsi, una buona professione in mano per poter vivere più tranquille e godere di quella nobile alterezza che mette indosso il pensiero di poter bastare a sé, qualunque sventura sia per riserbarci l'avvenire".

Tra i motivi principali a sostegno dell'apertura di questo tipo di scuole c'è la volontà di sottrarre l'istruzione femminile all'egemonia della Chiesa. L'intenzione dei comuni è quella di offrire un'alternativa agli istituti privati, in genere controllati dalla Chiesa, e allo stesso tempo di migliorarli perché in questo modo sono costretti ad adeguarsi al modello fornito dalla scuola comunale.
Delle scuole religiose si teme soprattutto il carattere antipatriottico. Il contrasto con gli istituti religiosi rientra nel conflitto Stato e Chiesa. Non a caso ad un quesito dell'inchiesta Scialoja sulle scuole superiori femminili "La Civiltà Cattolica" risponde: "non vi è nessuna necessità né convenienza di queste scuole, essendo che le poche alunne di classi agiate, che se ne profittano, potrebbero provvedersi di professori che loro dessero lezioni in famiglia, sotto gli occhi e sotto la garanzia delle loro madri: il che per cento ragioni sarebbe meglio".
Quindi le scuole superiori femminili sono fortemente volute dalle amministrazioni comunali, che con l'istituzione di questo tipo di scuole pensano di combattere il monopolio detenuto dalla Chiesa per quanto riguarda l'istruzione femminile ed in particolare delle figlie della classe agiata. Si vuole offrire alle future madri delle classi dirigenti locali un'alternativa alla scuola privata retta da religiose. Non bisogna dimenticare che nei Consigli Comunali siedono personalità che sono state particolarmente attive durante le lotte risorgimentali. La nuova classe politica vuole che vi sia una scuola laica non confessionale, per questo si adopererà in ogni modo affinché queste scuole rimangano in vita nonostante l'esiguo numero di iscritte.

Il numero delle ragazzine che frequenteranno queste scuole non sarà mai molto elevato, per far fronte a questo problema spesso i comuni decidono di affiancarvi una scuola elementare a pagamento, in modo tale che le figlie della classe agiata possano compiere l'intero loro ciclo di studi in un'unica struttura scolastica e non si mescolino con le figlie del popolo. Non a caso negli Atti del Consiglio Comunale di Padova tra gli argomenti a sostegno dell'apertura di una scuola elementare a pagamento da affiancare alla scuola superiore si legge: "a Roma, a Genova, a Venezia è aggiunta alla scuola superiore quella elementare a pagamento, e a Roma soprattutto essa prospera, non solo per virtù di chi vi è preposto, ma anche pel fatto che in parecchie famiglie havvi l'istinto di non accumunare le proprie figliuole con quelle di tutte le classi sociali, che frequentano le scuole gratuite".
In genere, nonostante questi accorgimenti, il numero delle iscritte continua a rimanere esiguo, tanto che spesso nei vari Consigli Comunali si discuterà più volte sull'opportunità di chiudere queste scuole considerate per il bilancio comunale solo una spesa gravosa ed inutile. Tanto più che gli stessi amministratori si rendono conto che le famiglie agiate, a cui questo tipo di scuola si rivolge, preferiscono iscrivere le loro figlie alla scuola normale. Tra i motivi emerge il fatto che la scuola non offre nessun sbocco lavorativo. Le famiglie benestanti preferiscono che le proprie figlie frequentino la scuola normale, anche se poi non necessariamente andranno ad insegnare. A questo proposito negli Atti del Consiglio Comunale di Padova si legge:

"Si osserva cioè che lo spirito e le aspirazioni di non piccola parte della nostra cittadinanza, anche agiata, mirano a seguire nell'educazione delle fanciulle quell'indirizzo pratico che può condurle ad una meta ufficiale, [...] ottenere un diploma, una patente con effetti legali. E questa tendenza è ora così forte anche nelle classi agiate e medie, lo ripetiamo, che molti genitori, messi a scegliere fra una scuola puramente istruttiva, come la nostra, per quanto eccellente e popolata di eletti elementi, e la normale governativa aperta a tutte le classi sociali, si risolvono d'affidare a questa le figlie loro, perché essa le avvia direttamente, e senza bisogno d'altra preparazione e d'altri esami, all'agognata conquista della patente".

E si ricorda che la situazione non è molto diversa nelle altre città sede di una scuola superiore femminile. Inoltre si sottolinea il fatto che le famiglie del ceto medio desiderano che le loro figlie ottengano la patente di maestra anche perché questa può sempre diventare utile in momenti difficili:

"L'impiegato, il commerciante, il professionista, possono oggi col loro lavoro assiduo, incessante provvedere ai bisogni molteplici della vita; ma domani, un colpo di avversa fortuna, una infermità, e, peggio che tutto, la morte spezzano il filo di seta, su cui posava il benessere economico di quella famiglia; ed eccola gettata nella grande lotta per l'esistenza. Per le figlie havvi sempre la speranza del matrimonio, ma se quella fallisce (e non è ormai caso raro), abbiano esse almeno aperta la via di un decoroso, se non lauto sostentamento".

 

R. PIAZZA, Delle scuole professionali femminili, "La Donna", s. II, a. IX, n. 302 (30 settembre 1877).
Circolare Bargoni del 9 luglio 1869. Il testo integrale è riportato nella rivista "La Donna", a. II, n. 68 (1 agosto 1869).
A. GABELLI, L'Italia e l'istruzione femminile, "Nuova Antologia", a. V, n. 9 (1870).
Atti del Consiglio Comunale di Padova 1869, Padova, Tip. L. Penada, 1870.
Nuova Scuola Superiore Femminile in Venezia, Venezia, Tip. Municipale di G. Longo, 1869.
Atti del Consiglio Comunale di Padova 1881, Padova, Tip. Comunale Fratelli Salmin, 1882.
Atti del Consiglio Comunale di Padova 1889, Padova, Tip. Comunale Fratelli Salmin, 1890.

 

 

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