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Dalla scuola austriaca alla scuola italiana
In epoca austriaca le 19 "scuole normali"
di Venezia, già istituite dalla Repubblica e riformate
dall'intelligente lavoro di Gasparo Gozzi, erano diverse da
quelle adottate nei diversi territori dell'Impero. Esse riunivano
insieme alunni di età diverse e cognizioni disomogenee.
Le scuole erano "normali" di nome ma non di sostanza,
perché non vi era traccia del metodo normale che si
praticava in Germania. Gli alunni erano seguiti uno per uno
ed apprendevano la dottrina cristiana, a leggere, a scrivere,
le prime quattro operazioni dell'aritmetica, i primi elementi
di geometria e gli "istromenti degli artefici".
Col passare degli anni, però, si conformano lentamente
a metodi didattici innovativi ed uniformi e si assiste al
costituirsi di classi omogenee, ad un insegnamento simultaneo
che richiede libri di testo ed una formazione adeguata per
gli insegnanti, attraverso i corsi di metodica. L'istruzione
elementare così rinnovata costituisce un motivo di
vanto per il regime austriaco.
Giovanni Codemo,
insegnante elementare e, successivamente direttore e ispettore
generale della scuola elementare a Venezia dal 1852 al 1856,
nella rivista "L'Institutore" illustra la storia
del sistema scolastico adottato nelle province del Lombardo-Veneto,
iniziato con il Regolamento del 1818 nel quale si istituiva
l'istruzione gratuita e obbligatoria per maschi e femmine.
Tra il 1821 ed il 1822 furono aperte in ciascuna delle 8
città capoluogo di provincia le Scuole statali,
cioè le scuole maggiori maschili e femminili destinate
alla istruzione "della gioventù che intende applicarsi
allo studio delle scienze e delle arti". Nel 1823 furono
aperte le scuole minori che offrivano "la prima necessaria
istruzione di tutti i fanciulli di qualunque condizione"
e le scuole elementari tecniche a quanti intendevano "dedicarsi
al commercio, agl'impieghi economici e a tenere libri di ragione".
Le scuole minori erano di 2 classi: la 1 (articolata in 2
anni, inferiore e superiore) e la 2. La scuola maggiore era
formata da 3 classi ed in seguito da 4. Le prime 2 classi
della scuola maggiore coincidevano con i primi 3 anni della
scuola minore, tanto che chi frequentava una scuola minore,
poteva passare alla terza classe di una maggiore.
Nella scuola minore si imparava a compitare, a sillabare,
a recitare a memoria le preghiere, a leggere, a comprendere
il significato dei brani letti, a tracciare lettere sui modelli
calligrafici semplici fino a raggiungere il "carattere
spedito". Nelle scuole maggiori, dopo le prime due classi,
nella 3 si iniziava a leggere e a scrivere il latino, sotto
dettatura. Dopo la 3, coloro che volevano continuare gli studi
grammaticali ed umanistici accedevano al ginnasio, gli altri
passavano alla 4 classe che serviva a formare nell'impiego
d'ufficio o della ragioneria e del commercio.
Le due scuole maggiori a Venezia, S. Stin e S. Maria
Formosa, una per i maschi e l'altra per le femmine, erano
statali. Le spese a carico dell'erario riguardavano gli stipendi
del direttore , dei maestri, degli assistenti e dei bidelli,
mentre a carico del comune vi erano gli immobili, i banchi,le
"tavole nere", i mobili e le attrezzature scientifiche.
La scuola maggiore maschile, inizialmente trovò sede
a S. Provolo e, successivamente, a S. Stin e prese il nome
di normale, perché doveva servire da modello di riferimento
a tutte le altre scuole. Nella scuola si svolgevano corsi
di metodica, ossia di formazione professionale degli insegnanti.
Un'altra innovazione introdotta a Venezia da Codemo in periodo
austriaco furono le riunioni di approfondimento didattico
mensili i cui verbali trasmessi all'Ispettorato diventavano
spunto per ampliare la discussione a più istituti.
Le discussioni vertevano sia su problemi di ordine didattico
- la pronuncia, l'ortografia, l'uso delle penne metalliche,
l'arredo e i sussidi didattici - che su problemi di ordine
pratico: la carenza di scuole femminili e lo stipendio dei
maestri.
Nel 1840 fu aperta la Scuola Tecnica, prevista dal
Regolamento del 1818, che rappresenta un livello superiore
rispetto alle elementari. Fu nominato direttore Alessandro
Parravicini e, nel 1851, la quarta classe della Scuola maggiore
fu ad essa aggregata. Quando nel 1855 la Scuola Tecnica divenne
Scuola Reale Superiore, la classe 4 tornò ad
unirsi alla Scuola normale maschile, dando vita alla Scuola
Reale inferiore ed elementare maggiore di S. Stin.
L'interesse per l'istruzione elementare a Venezia, anche
grazie all'opera di Codemo, permise un trapasso non traumatico
dal sistema austriaco a quello italiano e le esperienze maturate
durante il periodo asburgico resero possibile alla scuola
veneziana di presentarsi, al momento dell'Unità del
Veneto all'Italia, all'avanguardia nell'impegno verso l'istruzione
popolare dei bambini, delle donne, degli adolescenti e degli
adulti.
Codemo, per il suo interesse e la sua passione verso l'istruzione
ed i problemi ad essa connessi e la sua apertura culturale
guadagnò la stima generale, tanto che nel periodo post-unitario
fu riconfermato Ispettore scolastico urbano delle scuole veneziane.
A Venezia non si assiste a massicce epurazioni del corpo insegnante
anche se vi fu qualche cambiamento tra i docenti più
compromessi con il regime asburgico, come risulta dalla sostituzione
dell'abate Giuseppe Meneguzzi e del direttore della scuola
normale e reale di S. Stin, Antonio Clementini, il cui posto
fu affidato al maestro Luigi Antonio Gera. Dell'orientamento
politico delle maestre, nei documenti non vi è traccia.
Il rapporto della Questura sottolinea, con particolare evidenza
una dote femminile, la pazienza, importante, sembra, più
delle capacità intellettuali e delle cognizioni.
Durante il primo anno scolastico post-unitario 1866/67, mentre
venivano in larga misura mantenute le strutture preesistenti,
si sviluppò un intenso interesse verso l'istruzione
elementare e, nel momento del trapasso da un sistema all'altro,
nella scuola veneziana si vollero portare alcuni
cambiamenti, come quello di sollevare gli insegnanti dai
notevoli compiti burocratici avvertiti come uno degli aspetti
più pesanti e vessatori del sistema scolastico austriaco
e di cercare spazi più adeguati alla scuola normale
di S. Stin, considerato l'istituto scolastico di maggior rilievo
della città.
Da una relazione
"Prospetto statistico della istruzione primaria nella
città di Venezia" di Guglielmo Berchet, ispettore
scolastico provinciale di Venezia per mandato del Governo",
conosciamo lo stato dell'istruzione elementare della città:
"quanto a zelo dei maestri comunali ed a profitto degli
alunni, le scuole dipendenti dal comune, avuto riguardo ai
sistemi tuttora in corso, sono tenute lodevolmente".
Si riconoscono inoltre, e nemmeno troppo esplicitamente, i
buoni risultati ottenuti dall'amministrazione austriaca in
campo scolastico. Codemo dà un giudizio non altrettanto
positivo sugli asili d'infanzia veneziani, giudicati "inferiori
a quelli di altre città italiane", al di là
dei risultati ottenuti a partire dagli anni trenta.
Dalla relazione, Venezia, ricondotta al solo centro storico,
appare attestata su percentuali di ottimo livello col
il 71% di frequentanti. Una percentuale così alta risulta
dal fatto che nel conto entrano le scuole elementari pubbliche
e private, le scuole tecniche, gli asili d'infanzia ed anche
le scuole abusive.
I bambini e i ragazzini compresi tra i 6 e i 14 anni sono
14.185, le scuole 300 i frequentanti 10.101. Da altre fonti
successive risulta che nell'anno scolastico1866/67 la frequenza
nelle scuole pubbliche è di 3.268 studenti tra maschi
e femmine.
Dopo l'annessione del Veneto all'Italia, all'amministrazione
comunale competeva integralmente non soltanto la spesa dell'istruzione
ma anche la sfera più ampia delle scelte politiche
sulle modalità dell'alfabetizzazione.
L'analisi di Berchet individua le scuole statali esistenti
nel comune: le due maggiori, quella maschile di S. Stin e
quella femminile di S. M. Formosa, le tre classi tecniche
della Scuola Reale inferiore a S. Stin, le tre classi inferiori
dell'istituto industriale e professionale di S. Giovanni in
Laterano per le quali si tratta di introdurre le specifiche
integrazioni ai programmi di studio delle scuole italiane.
Oltre a queste vi sono le scuole comunali: due maggiori di
4 classi a S. Felice e a S. Stefano e 5 minori di tre classi
alcune delle quali dovrebbero essere trasformate in maggiori
come quella di S. Pietro di Castello, già dotata di
illuminazione a gas, e quella di S. Silvestro. Inoltre si
sente la necessità di trasferire quella di S. Francesco
della Vigna a palazzo Sagredo in un edificio più centrale
a S. Antonin e di aprire una sede nuova a S. Maria Formosa
ed un'altra ai Carmini.
Nel sestiere di Cannaregio una scuola minore ha una sede adeguata
a palazzo Labia, mentre la scuola di S. Eufemia alla Giudecca
è poco frequentata, perché i fanciulli e le
fanciulle lavorano in età precoce
Questo problema per l'amministrazione comunale deve essere
risolto perché la Giudecca deve avere le stesse opportunità
di alfabetizzazione delle altre parti della città.
Le scuole maggiori comunali femminili sono a S. Cassiano
e ai SS Apostoli a palazzo Jagher. Le scuole minori femminili
di S. Pietro, di S. Francesco della Vigna, di S. Luca, in
Calle degli avvocati, è necessario che siano sistemate
in luoghi più grandi e infine la scuola di S. Raffaele
Arcangelo ha necessità di essere trasferita ai Carmini
e si ritiene opportuno aprire una scuola maggiore a S. Geremia.
Le scuole private di buon livello sono 48 maschili e 76 femminili
e quelle abusive 39 per i maschi e 94 per le femmine. Inoltre
ci sono le scuole tenute dalle pie associazioni.
Dopo l'annessione, Venezia si adegua alle normative unitarie
e la legge Casati, entrata in vigore solo il 15 settembre
1867, applicata con programmi di studio semplificati rispetto
a quelli ambiziosi del 1860, ma con un modello organizzativo
fortemente accentrato nel quale il prefetto, presidente del
Consiglio scolastico provinciale, è il tramite
diretto tra il provveditore e il ministero. Alcune scelte
didattiche vengono decentrate in sede locale, a differenza
del sistema austriaco che prescriveva programmi, metodo e
manuali uniformi e omogenei per tutte le province del Lombardo-Veneto.
Trascorso il primo periodo d'emergenza, il problema della
riorganizzazione pratica delle scuole comunali passa al comune
e all'assessore della pubblica istruzione Antonio Berti che,
non potendo "per ora porre in pratica tuttociò
che si vorrebbe", ritiene ragionevolmente realizzabile
in tempi brevi l'organizzazione delle scuole
serali e festive osservate con diffidenza durante il periodo
austriaco, e in quel momento condivise unanimamente in seno
al consiglio comunale.
In questo contesto si pose, nel 1867 l'apertura della biblioteca
popolare di S Giovanni in Laterano.
Per quanto riguarda l'organizzazione delle scuole elementari
l'atteggiamento di Berti apparve più realistico e di
largo respiro proponendo di adeguare le strutture alle necessità
e, con una "lenta mutazione" di trasformare tutte
le scuole minori in maggiori e di affidare ciascuna ad un
direttore. Il regolamento delle scuole elementari, approvato
nel dicembre del 1867 presenta una struttura molto simile
a quella delle scuole austriache: la 1 classe divisa in due
sezioni, inferiore e superiore, il numero massimo di 60 bambini,
come fissato dalla legge italiana, le materie di studio invariate,
salvo due grandi innovazioni, previste dal sistema italiano:
il canto e la ginnastica e l'affidamento delle prime classi,
anche maschili, a maestre.
Il consiglio comunale si mostrò molto attento verso
l'istruzione femminile approvando la nascita di una
scuola superiore femminile a corso triennale, corrispondente
alla scuola tecnica maschile e la scuola normale femminile
dedicata alla formazione delle maestre.
A Venezia i primi dieci anni dopo l'unificazione, testimoniano
un grande interesse per i problemi per la scuola elementare,
nella prospettiva di costruire la nuova nazione su basi solide
e strutture adeguate. Sono organizzati congressi pedagogici
per lo scambio di esperienze e la discussione dei problemi
scolastici.
Nel Congresso
di Venezia del 1872, per bocca dell'assessore Antono Berti
viene posto in primo piano il legame tra alfabetizzazione
ed ampliamento del diritto di voto. Sono organizzate anche
mostre didattiche come quella di Venezia del 1872 e quella
di Mestre del 1877.Nella città e al Lido si ospitano
anche congressi di maestri.
Le cifre che l'amministrazione spende per l'istruzione tra
il 1887 e il 1871 sono notevoli e lo stipendio dei maestri
viene quadruplicato. Si pone grande attenzione all'istruzione
femminile e vengono aperte 53 nuove scuole e le 8 preesistenti
si trasformano in maggiori.
Dopo i primi dieci anni sono visibili i primi risultati
oggettivi raggiunti: triplicato il numero degli alunni
ed aumentata la capacità di accoglienza delle scuole.
Questa tendenza continuerà anche negli anni successivi
come dimostrano i dati relativi al livello di frequenza nelle
scuole pubbliche:1866/67 alunni 3268; 1876/77 alunni 5663;
1908/09 alunni11331 di cui 6.324 maschi e 5007 femmine.
Quando nel 1888 i programmi delle elementari di Aristide
Gabelli esprimono una concezione pedagogica d'avanguardia
che comporta anche un rinnovamento dell'edilizia, del materiale
didattico, della formazione del corpo docente, gli insegnanti
di Venezia partecipano attivamente a questo clima di rinnovamento
e sono decine e decine le opere pubblicate da maestri ed ispettori
della città, rinnovamento che continua negli anni successivi.
Quando nel 1911 vi è il passaggio allo Stato delle
scuole elementari, la città ha raggiunto una fitta
rete di scuole rinnovate e moderne.
Fonte: Claudia Salmini,
La scuola elementare tra stato e comune, in La scoperta
dell'infanzia. Cura, educazione e rappresentazione. Venezia
1750-1830, a cura di N. Filippini e T. Plebani, Marsilio
1999.
Ead. L'istruzione pubblica tra primo Ottocento e primo
Novecento: le scuole elementari, in Storia di Venezia
l'Ottocento e il Novecento, vol I, a cura di S. Woolf
e G. Romanelli, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2002.
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Foto 1. Un'immagine emblematica dell'istruzione ancien-régime.
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