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La scuola "laboratorio"
Il laboratorio didattico è l'insieme di spazi,
materiali, attrezzature, ma anche di pensieri, progetti, attività
che permettono a insegnanti e studenti l'esercizio quotidiano
delle capacità di ricerca e la scoperta operativa delle
"regole del gioco" conoscitivo.
Dietro a questo modo di procedere vi è un modello
del sapere basato sull'"imparare facendo"che già
nell'800, attraverso il pensiero di Federico Froebel, Luigi
Pestalozzi e Maria Montessori ha portato a valorizzare il
gioco, l'osservazione, la sperimentazione e che ha avuto riflessi
nei programmi Gabelli
del 1888 e nel concetto di "lavoro educativo" dei
programmi Baccelli
del 1894.
Questa prospettiva si è sviluppata attraverso l'esperienza
della scuola
attiva - intesa come attenzione alla cultura del bambino
e allo studio d'ambiente - recepita dai programmi per la scuola
elementare di Giuseppe Lombardo Radice del 1923, ma velocemente
abbandonata nel periodo fascista.
Negli anni '60 - e più ancora negli anni '70 con l'introduzione
del tempo pieno e prolungato che permettono tempi, spazi,
risorse adeguati - il modello di laboratorio didattico viene
teoricamente articolato e trova diffusione nelle scuole, in
particolare elementari.
Testo di riferimento è il "Sistema dei laboratori"
del pedagogista Francesco De Bartolomeis, che propone
un modello di scuola in cui tutte le discipline si possono
aprire alla sperimentazione e alla ricerca.
Insegnanti innovatori - aderenti al Movimento
di cooperazione educativa che diffonde in Italia le tecniche
di scuola attiva di Celestine Freinet - già negli anni
'50 introducono a scuola, anche nell'area veneziana, il testo
libero, la tipografia, la corrispondenza interscolastica,
il metodo
cooperativo.
A partire dagli anni '70 questo progetto educativo è
sintetizzato nello slogan "a scuola con il corpo":
nell'esperienza del laboratorio infatti il soggetto è
presente tutto intero, attiva non solo l'aspetto cognitivo
ma anche quello emotivo.
Viene capovolta la tradizionale didattica basata su un rapporto
verticale docente-classe: la classe diventa un gruppo di lavoro
e di ricerca in cui ogni bambino/a, ragazzo/a diventa protagonista
del suo percorso di apprendimento, nella relazione con gli
altri. Ognuno può esprimere sé stesso, con la
parola o con altri linguaggi; ognuno viene responsabilizzato
e si pratica la democrazia discutendo insieme decisioni e
scelte.
Questo modo di condurre la classe - scrive
Alba Finzi [in Archivio si può leggere una sua
testimonianza]
- porta al centro dell'operato dell'insegnante, non la trasmissione
delle nozioni, ma la ricerche che egli deve fare per individuare
il meccanismo che mette in moto la curiosità e il bisogno
di conoscenza.
Ogni materia va intesa nella sua funzione essenziale, quella
formativa, che porta l'individuo a capire e a criticare in
modo intelligente e obiettivo il mondo di cui fa parte. Affrontando
ogni situazione come un problema si forma nell'alunno una
tensione psicologica che si appaga solo affinando lo spirito
di ricerca. Nelle prime età tale educazione è
possibile se si compie attraverso il fare, la manipolazione.
(Testimonianza scritta di Alba Finzi, 2003).
Nella scuola elementare Scarsellini di Venezia - dove Alba
Finzi insegna negli anni '70 - con le colleghe Leda e Angela
Vio, realizza tra il 1975 e il 1978 il progetto dell'interclasse:
un giorno la settimana (il sabato) le tre classi vengono unite
e suddivise in gruppi di lavoro, ognuno dei quali svolge una
ricerca interdisciplinare intorno al tema monografico: "Vita
a Venezia nel passato e nel presente". I risultati delle
ricerche vengono socializzati e discussi con gli altri attraverso
disegni, grafici, giornalini, fotografie, relazioni. Le insegnanti
si proponevano in questo modo di superare la figura di insegnante
unica, la rigidità dei programmi, lavorare con tempi
adeguati e stimolare la socializzazione degli alunni (vedi
le foto n. 1 - 7).
I laboratori didattici si possono dunque intendere
come:
- luoghi fisici attrezzati, in cui si possono fare
esperienze anche corporee di esplorazione del mondo, osservando,
toccando, manipolando;
- luoghi mentali, cioè itinerari e percorsi
che partono dall'osservazione e dalle domande per giungere
alla progettazione, alla ricerca anche sul campo, alla realizzazione
di oggetti e prodotti culturali.
- luoghi sociali in cui è possibile vivere
la dimensione relazionale della conoscenza: il lavoro di gruppo,
la discussione, la comunicazione attraverso giornalini, mostre,
rappresentazioni.
Le esperienze di laboratorio hanno visto - tra gli anni 60
e '70 - le classi aprirsi e riaccorparsi trasformarsi in piccole
tipografie, officine di grafica, ateliers di pittura, teatro
e cinema, pratiche di ricerca e di rinnovamento della scuola
che spesso la scuola stessa ha dimenticato.
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LA SCUOLA A GAMBE ALL'ARIA:
La scuola antiautoritaria
I
movimenti studenteschi

Foto 1. Laboratorio Interclasse. Scuola elem. Scarsellini.
1975-76

Foto 2. L'insegnante Alba Finzi.

Foto 3. Laboratorio interclasse.

Foto 4. Cartellone sui problemi di Venezia e la visita al
Municipio.

Foto 5. Allieve nell'interclasse.

Foto 6. Gli strumenti tipografici.
Foto 7. Un allievo prepara una stampa..
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