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Un'esperienza di solidarietà : il Convitto "Francesco
Biancotto"
Durante la Resistenza, all'interno delle brigate partigiane,
si ha molta attenzione per i problemi della scuola e dell'educazione.
Nelle Repubbliche partigiane di Montefiorino, della Val d'Ossola
e di alcune zone del Friuli si sperimentano forme di scuola
pubblica democratica.
Dopo la Liberazione maestri-partigiani, come Bruno Ciari
e Mario Lodi, pensano a una scuola nuova per l'Italia
nata dalla Costituzione repubblicana, una scuola che educhi
alla democrazia e alla responsabilità, non all'obbedienza.
Nel dopoguerra nascono i Convitti-scuola della Rinascita,
per il recupero dell'istruzione degli ex partigiani combattenti:
a Milano nel giugno del 1945, nel 1946 a Sanremo, Reggio Emilia,
Cremona, Torino, Novara, Bologna, Genova, Roma.
Anche a Venezia a guerra finita il partigiano Angelo
Furian "lancia il grido" dalle pagine de "La
voce del popolo", a favore degli orfani dei partigiani.
In Fondamenta dei Cereri, nella ex-Casa del balilla diventata
proprietà della Gioventù Italiana, ente che
eredita i beni della Gioventù Italiana del Littorio
(GIL), nasce il Convitto "Francesco Biancotto",
dedicato al giovanissimo partigiano fucilato dai tedeschi,
aperto ufficialmente il 3 giugno 1947.
Dopo la prima direzione dei fondatori, passa alla gestione
dell'ANPI - Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - diventando
così uno dei Convitti della Rinascita, anche se, a
differenza degli altri che accolgono reduci per il recupero
di anni scolastici perduti durante la guerra, accoglie bambini
e ragazzi dai 6 ai 18 anni. Solo ragazzi perché a quel
tempo non sarebbe stato permesso un istituto misto e, d'altronde,
le famiglie povere preferivano far studiare il figlio maschio.
Il Convitto vive grazie alla solidarietà della
città: del Comune, degli intellettuali, degli artisti
e, soprattutto, degli operai di Porto Marghera i quali offrono
al Biancotto ogni settimana i generi alimentari corrispondenti
ad un pasto da loro non consumato nella mensa aziendale. I
dipendenti della Vetrocoke danno 10 kg a testa di prezioso
carbone, parte del quantitativo annuale messo a loro disposizione
dall'azienda. I fruttivendoli del mercato di Rialto a fine
vendita regalano o cedono a buon prezzo la merce rimasta.
E così i pescatori e i macellai. Si ha la solidarietà
dei portuali, dei braccianti del Ferrarese, dei pescatori
delle Valli di Comacchio e di molti altri contributi importanti
per vivere, perché lo Stato è inadempiente nel
pagare le rette per gli orfani di guerra.
Tra gennaio e marzo del 1950 il conflitto sindacale e politico
raggiunge livelli drammatici e ai Cantieri Breda l'epilogo
è tragico: la polizia spara ad altezza d'uomo e ferisce
alcuni operai.
I ragazzi del Biancotto, gli insegnanti, il personale, consapevoli
della gravità drammatica dello scontro in atto che
vede Mestre, Venezia e l'intera provincia mobilitate in scioperi
e manifestazioni, rispondono con atti di solidarietà.
Agli orfani dei partigiani nel Convitto si aggiungeranno
negli anni gli orfani dei caduti nelle lotte del lavoro
e i figli dei licenziati per discriminazione politica e
sindacale. Nell'inverno del '51, dopo la tragica alluvione
del Po, l'Adige, la Brenta, una decina di famiglie fuggiasche,
donne, vecchi, bambini, vengono ospitati.
Lo scontro politico e sociale in questi anni è aspro
su tutti i terreni e in tutto il paese. La Gioventù
Italiana (ex-GIL) più volte tenta di sfrattare il Convitto.
Viene chiamata la polizia contro i ragazzi che difendono la
loro casa e i loro educatori. La città si mobilita,
i lavoratori in particolare: a Marghera si abbandonano le
fabbriche per la difesa del Biancotto. Nel 1957 l'attacco
generale al movimento democratrico, che priva di sedi pubbliche
sindacati, partiti della sinistra, e il parallelo indebolimento
del movimento democratico, obbligarono il Biancotto a chiudere
la sede, che era diventata un centro educativo e culturale
giovanile per tutta la città, non solo per gli orfani
dei partigiani e dei lavoratori.
Un laboratorio di democrazia
Negli anni '50 un gruppo di studenti universitari, che avevano
partecipato giovanissimi alla Resistenza, iniziano il loro
lavoro come volontari al Convitto. L'obiettivo che si prefiggono
è di passare dallo spontaneismo pedagogico al tentativo
di organizzare un vero e proprio apparato educativo,
amministrativo, di servizio, secondo criteri innovativi.
Il Convitto diventa un Istituto "aperto", non si
vuole assomigliare a un collegio, un'"istituzione chiusa",
com'erano allora gli istituti per orfani. Si procede alla
revisione dell'organizzazione interna.
L'esperienza della "Repubblica dei ragazzi",
vissuta nel primo periodo del dopoguerra, con l'elezione del
sindaco, degli assessori, quasi in un gioco imitativo, viene
superata gradualmente per arrivare al "Collettivo"
dove ognuno è responsabile dell'andamento generale
ed è l'assemblea a decidere (vedi foto n. 9).
Fondamentale è la scelta di frequentare la scuola
pubblica come scuola democratica che deve accogliere tutti.
Il Convitto è integrato nella città. Insieme
ai ragazzi studiano, giocano e fanno sport i ragazzi del sestiere
di Dorsoduro; i ragazzi delle aree più povere di Giudecca,
S. Marta, S. Giobbe passano il pomeriggio nel "doposcuola".
I rapporti con le famiglie sono continui e importanti. Le
madri, vedove di partigiani, di lavoratori, eredi di un grande
patrimonio ideale, prestano a turno il loro volontariato non
solo nei lavori di cura, ma anche partecipando alla elaborazione
dei programmi educativi. Nel 1955 viene costituita la Commissione
permanente delle mamme.
Vi è la presenza continua, in particolare nel Comitato
di gestione, di operai, di intellettuali, di artisti; si tengono
incontri con insegnanti delle scuole elementari, medie, superiori
di Venezia, con gli amici e le amiche di scuola.
La vita del Convitto non si limita solo allo studio. I "biancottini"
organizzano spettacoli, attività artistiche e sportive,
sono presenti nelle iniziative teatrali, cinematografiche,
culturali, della città. Durante l'estate vengono attivate
iniziative di turismo scolastico-giovanile alle quali partecipano
associazioni europee come Les amis de la nature, il WWN (associazione
antinazista tedesca e austriaca).
Gli educatori del Convitto sono in contatto con esponenti
della pedagogia democratica sul piano nazionale, come Dina
Bertoni Jovine e Ada Marchesini Gobetti, creatrice
de "Il giornale dei genitori".
Partecipano alla fondazione della rivista "La riforma
della scuola", alla quale collaborano Lucio Lombardo
Radice, Mario Lodi, Bruno Ciari e più tardi gli animatori
della "Scuola città Pestalozzi" di Firenze.
Vivono col Movimento
di Cooperazione Educativa (M.C.E) momenti di collaborazione
intensa e discussa: vedono con interesse le tecniche di Elise
e Celestine Freinet (corrispondenza, testo libero, autocorrezione,
stampa) per la lingua italiana; sostengono l'importanza dell'educazione
scientifica così come indicano le analisi di Piaget
e le dimostrazioni dell' insiemistica che muove i primi passi.
L'Istituto stesso pubblica dei periodici:
"Il Collettivo" e "La nuova gioventù"
Fonte: Lia
Finzi, Girolamo Federici, I ragazzi del collettivo
- Il Convitto "Francesco Biancotto" di Venezia,
1947/1957. Venezia 1993
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DEMOCRATIZZAZIONE:
"Autogoverno"
La Cooperazione educativa
La "repubblica dei ragazzi"
La
scuola popolare
Il
doposcuola

Foto 1. L'edificio sede dell'Istituto Biancotto, ex casa
del Balilla.

Foto 2. La squadra "Don Minzoni"

Foto 3. Gli operai solidarizzano concretamente con i ragazzi
del Biancotto

Foto 4. L'aula E. Curiel

Foto 5. Le docce

Foto 6. Il dormitorio B. Buozzi

Foto 7. La cucina

Foto 8.- Il refettorio S. Trentin

Foto 9. La "Repubblica dei ragazzi"

Foto 10. Un gruppo di ragazzi

Foto 11. I ragazzi impegnati in una rappresentazione teatrale

Foto 12. Ragazzi di varia età giocano insieme
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