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Resistenza
La caduta del fascismo, avvenuta il 25 luglio 1943, permise
un collegamento più stretto di gruppi di studenti con
le forze politiche antifasciste locali.
Dopo l'8 settembre 1943, con la proclamazione dell'armistizio
e la rinascita del neofascismo nell'Italia del Nord sotto
le insegne della Repubblica Sociale Italiana, il sentimento
di dissenso e di opposizione, fino allora manifestati quasi
sottovoce o attraverso qualche piccola azione dimostrativa,
trovarono maggiore consapevolezza. Quello che fino al giorno
prima la propaganda fascista bollava sbrigativamente come
disfattismo iniziò a maturare in forme ed espressioni
più convinte e motivate.
Che l'armistizio avesse cambiato radicalmente la situazione
e che anche la scuola fosse ormai considerata come un potenziale
pericolo lo si intuì nei giorni immediatamente successivi
l'8 settembre quando un centinaio di giovani allievi della
scuola meccanici della marina furono catturati dalle
truppe tedesche di occupazione e fatti sfilare per le vie
della città - dal Campo della Celestia alla stazione
ferroviaria - prima di essere deportati nei campi di internamento
tedeschi.
Pur essendo difficile registrare con precisione l'ampiezza,
la diffusione e il grado di penetrazione del movimento resistenziale
nel mondo della scuola, è indubbio che da questo momento
numerosi giovani e studenti maturarono la loro decisione di
militare nelle fila della Resistenza, scegliendo la via più
difficile e rischiosa della clandestinità e dell'entrata
nelle bande partigiane (vedi foto n. 1).
Anche in città si registrarono diversi episodi che
videro protagonisti proprio gli studenti delle scuole superiori
cittadine. Nell'autunno del 1943 un gruppo di giovanissimi
studenti fece un'irruzione
notturna nei locali del "Foscarini" e del "Polo"
che furono riempiti di scritte antifasciste e antitedesche.
In molti casi decisivo fu l'esempio e l'insegnamento offerto
dai professori. Numerose sono le testimonianze che ricordano
il fondamentale ruolo svolto dagli insegnanti veneziani nel
far maturare propositi e convinzioni antifasciste e democratiche:
all'Istituto "Paolo Sarpi" Carlo Izzo e Riccardo
Dusi; al Liceo "Benedetti" Francesco Semi, Sandro
Gallo e Francesco Tullio Roffarè; al "Foscarini"
Agostino Zanon Dal Bo, sono solo alcuni dei nomi di docenti
che indicarono ai loro allievi con chiarezza e non poco coraggio
la strada da seguire (è da leggere a questo proposito
la testimonianza
di Cesco Chinello).
Anche i docenti dell'Accademia di Belle Arti (Armando Pizzinato,
Elena Bassi, don Manzin) collaborarono con i partiti antifascisti
promovendo incontri e diffondendo manifesti e volantini. Ogni
scuola del centro storico e della terraferma fornì
un piccolo contributo alla lotta
antifascista.
La repressione nazifascista, naturalmente, non risparmiò
studenti e professori; diversi liceali, tra i quali Cesco
Chinello (vedi foto n. 2)
e Ranieri Da Mosto, furono denunciati e incarcerati per la
loro attività antifascista. In galera finirono anche
Agostino Zanon Dal Bo e Armando Pizzinato, mentre altri professori
subirono allontanamenti e sospensioni come la professoressa
Pizzolato, insegnante di educazione fisica al "Tommaseo",
che fu esonerata per il suo rifiuto di prestare il giuramento
richiesto ai dipendenti dell'O.N.B.
Vi fu anche chi pagò con la vita il proprio convincimento
e coraggio: il maestro elementare Ubaldo Belli, insieme ad
altri quattro antifascisti, venne assassinato a sangue freddo
da un reparto della Guardia Nazionale Repubblicana la notte
tra il 7 e l'8 luglio, mentre Sandro Gallo trovò la
morte durante un combattimento con le truppe naziste sulle
montagne bellunesi.
Nel complesso il contributo dato dalla scuola veneziana al
movimento resistenziale fu importante, una pagina di storia,
tuttavia, che attende ancora una completa e attenta ricostruzione
(vedi foto n. 3).
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Foto 1. Un giovane partigiano a San Marco dopo la Liberazione

Foto 2. Kim (Franco Arcalli), Marco (Giuseppe Turcato), Cesco
(Ivone Chinello)

Foto 3. L'esecuzione di Mussolini in effigie.
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