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INFANZIE / ADOLESCENZE  
   
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Bambine/i invisibili
LA STRADA

Nelle condizioni di maggior bisogno, bambini e bambine, anche molto piccoli, devono contribuire in qualche modo al proprio sostentamento, (vedi anche la scheda sull'educazione al lavoro) spinti anche dai genitori sulla strada dove procacciarsi un pane o un soldo con piccoli servizi, piccoli furti, stendendo una mano al passante ai piedi di un ponte o davanti al portone di una chiesa (vedi foto n. 1).

La tratta dei bambini acquista rilevanza negli ultimi decenni dell'Ottocento: bambini ceduti dai genitori vengono portati all'estero a lavorare, o costretti a mendicare (vedi foto n. 2).

Ecco la storia di una bambina di nove anni, Maddalena Dezotti, ceduta dai genitori, con regolare contratto, a certo Giusto Raduzzi per essere esibita come albina nelle fiere, nel suo "gabinetto meccanico", a soddisfare la curiosità del pubblico per mostruosità e scherzi della natura.
Il padre di Maddalena, Lorenzo, è un fornaio a contratto di 59 anni con moglie e tre figli: il maggiore di 23 anni lavora come facchino in una fabbrica di conterie e le due figlie minorenni devono contribuire al sostentamento proprio e della famiglia. La menomazione fisica di Maddalena, una sventura che le preclude l'unica strada possibile, quella del matrimonio, si traduce in una fortuna: il contratto prevede che la bambina venga ceduta ai Raduzzi per franchi 23 mensili e che questi la possano condurre ovunque per due anni, impegnandosi al mantenimento, al vestito, all'educazione e alla salute "com'essa fosse la medesima loro figlia". L'accordo deve risultare ai Dezotti tanto vantaggioso che, per non incorrere nelle penalità previste dalla legge, il padre accompagna la figlia in varie città affinché continui ad essere esibita, abbandonando la professione di fornaio (vedi foto n. 3).

Nello stesso tempo la strada è luogo dell'avventura, dove sfuggire a violenze familiari e a condizioni abitative invivibili e fare gruppo con i coetanei (vedi foto n. 4).
Le cronache dei giornali cittadini parlano sovente di gruppi di monelli che disturbano con i loro schiamazzi i passanti.

Ogni giorno si vede sulla fondamenta del Campo dei Mori in Cannaregio una ciurma di monelli i quali si divertono spesso a molestar la gente che passa.
Di più questa ciurmaglia la si vede spesso occupata a giuocare d'azzardo.[…]
Quel che è curioso però è questo. Le mamme, le nonne, le zie di quei monellacci stanno a far circolo intorno ad essi meravigliate e contente.
("L'Adriatico" 15.1.1880)

Anche da Castello giungono al giornale lagnanze degli abitanti delle Fondamenta di S. Anna e S. Gioacchino

"…dove una marmaglia di sudici e pezzenti monelli d'ogni età gridano, urlano, schiamazzano, s'abbaruffano", proprio nei pressi di due scuole. Nella bella stagione poi il canale "diventa una vera bolgia infernale, un vero Stige entro cui s'avvolgono mille corspi ignudi o quasi, natanti in quell'acque, in onta al cartello di proibizione affisso al ponte che unisce quelle due fondamente." ( "L'Adriatico" 26.4.1880)
(vedi foto n. 5)

Se per i giovani maschi la strada è luogo della scorribanda, della sopravvivenza e dell'avventura, per le ragazze è luogo ove si celano numerose insidie.
Uscire di casa è considerato fattore di rischio per le ragazze, esse sono perciò più controllate: devono essere accompagnate a scuola o al lavoro, si richiede loro un abbigliamento e comportamento umile e decoroso. Quando viene aperta una scuola di merletti sulla fondamenta dell'Arsenale a San Martino di Castello (1878), si concilia l'orario con quello degli arsenalotti affinché possano condurvi le figlie.

Essere femmina e povera è considerato di per se' un pericolo, tanto più se a questo si accompagna una certa avvenenza.
Preoccupata di ciò Carolina Astori, donna nubile e povera, scrive una lettera al Municipio, in data 24 dicembre 1878, per chiedere un sussidio per sottrarre alla strada quattro fanciulli orfani di padre, costretti a chiedere la questua in Campo S. Stefano. La secondogenita Luigia è stata accolta dall'Istituto Manin, ma rimane la maggiore, Emilia, di anni 13 "più bisognosa di collocamento perché avvenente ed in balia di se stessa per essere la madre assente di casa onde guadagnarsi il pane giornaliero".
La ragazzina ha superato l'età per essere accolta in un istituto pubblico, perciò è riuscita a collocarla nell'istituto del Buon Pastore, pagando Lire 15 mensili, dopo averla provveduta del necessario vestito, ma il denaro raccolto copre solo 8 mesi e la preoccupa assai il destino della fanciulla se dovesse uscire dall'istituto ed esporsi ai pericoli della strada.

Accomunati dalla medesima condizione di povertà, bambini e bambine hanno destini diversi, decisi da precise strategie si sopravvivenza della famiglia. Le bambine devono innanzitutto aiutare la madre nelle faccende domestiche, nell'accudimento dei fratellini, nel lavoro a domicilio, motivo per cui non frequentano la scuola o l'abbandonano, come risulta dalle relazioni delle maestre e dalle direttrici delle scuole elementari femminili presentate alla fine dell'anno al Municipio.

"Nell'anno scolastico appena spirato le cose procedettero col massimo ordine e con piena regolarità - scrive nel 1907 la direttrice della Scuole Femminile SS. Apostoli Luigia Rossari - se non fosse l'osservazione dolorosa […] di un notevole deperimento di salute e forza fisica nelle bambine. Deperimento che si manifesta in abbandono di forze, debolezza di vista, di udito., eczemi, nevrastenia e via dicendo. Le maestre ebbero cure intelligenti ed amorose per non danneggiare questi fisici miserelli o ammalati: le misure da lor prese valsero forse a non aumentare il male, non furono certo sufficienti ad infondere nuova vita in tanti e tanti di quei poveri esseri, prima appassiti che sbocciati. "

Le maestre insistono nel descrivere il senso di trascuratezza e di abbandono: poco nutrite, soggette a malattie infettive, si presentano a scuola sudicie per cui vengono rimandate a casa, si assentano frequentemente o passano ore sulle strade. Le madri, costrette a recarsi al lavoro o a servizio, non possono sorvegliarle e protestano quando le figlie, a causa del doppio turno, sono costrette ad andare a scuola dopo pranzo "dovendo loro malgrado lasciar le bambine esposte a gravi pericoli sotto ogni rapporto".
Specialmente nella stagione estiva le bambine del turno pomeridiano sono stanche prima ancora di mettere piede a scuola, "tutta la mattina furono occupate nelle faccende di casa, oppure per un piccolo guadagno a prestar servigio in qualche laboratorio, o ciò che è anche peggio, a girovagare per le strade. E pur troppo questa è la condizione della maggior parte delle figlie del popolo". (AMV, Relazione della direttrice della Scuola Completa Femminile Priuli Giuseppina Fonda, 12 agosto 1908)

In queste condizioni di debolezza e affaticamento fisico è impossibile che possano seguire le lezioni con un qualche rendimento e, a causa anche della scarsa frequenza, moltissime sono le ripetenti. Le maestre si propongono, non potendo impedire le assenze, di far sì che la scuola sia per loro un luogo attraente, un diversivo, "ove le poverine dimentichino le tristi visioni di strettezze, di miserie e talvolta anche di brutture, di cui sono spettatrici nelle loro famiglie." (AMV, Relazione della direttrice della Scuola Comunale Femminile Angela Perini, 14 agosto 1908)

 

Foto 1. Eugenio Bosa, Famiglia povera. Disegno. Museo Correr.

Foto 2. Eugenio Bosa, L'accattone. 1834. Museo Correr.

Foto 3. Eugenio Bosa, Il cenciajuolo. 1834. Museo Correr

Foto 4. Giochi in strada. In "Leonardo da Vinci", 1884.

Foto 5. Bambini in canale.

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