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IMMAGINI
Rappresentazione
Nella nostra ricerca abbiamo trovato molte immagini di bambini
e bambine e adolescenti: disegni e dipinti, fotografie e illustrazioni.
Nel corso dell'Ottocento si viene affermando nell'arte un
interesse per immagini prese dal "vero", i bambini
diventano soggetti privilegiati, a testimonianza anche dell'accresciuta
attenzione per la condizione dell'infanzia.
Eugenio Bosa (1807-1875) ci ha lasciato una serie di disegni,
eseguiti negli anni '30 dell'800 e conservati al Museo Correr,
che raffigurano scene prese dalla strada: vi sono ragazzi
che accompagnano suonatori o venditori ambulanti; famiglie
di poveri; bambini ricoperti di stracci che vanno a scuola
o giocano nella strada (vedi foto n. 1 e 2).
Se la pittura di metà 800 privilegia la rappresentazione
della famiglia borghese, tra fine '800 e primo '900 i pittori
realisti - tra questi Giacomo Favretto, Luigi Nono, Ettore
Tito, Alessandro Milesi - amano ritrarre anche soggetti presi
dalla strada su fondali veneziani: nei loro quadri compaiono
orfanelli, bambini abbandonati, poveri e accattoni, bambine
e ragazze del popolo in interni domestici o in calle, mentre
cuciono o lavano davanti all'uscio di casa, guardano i fretellini
o giocano (vedi foto n. 4).
La fotografia risponde al bisogno sempre più ampio
di autorappresentarsi da parte della famiglia borghese, di
possedere ritratti dei cari, di fissare nell'immagine le età
della vita. Bambini e bambine vengono portati negli studi
dei fotografi con i loro bei vestitini, messi in posa con
un oggetto in mano e fotografati (alcune immagini sono visibili
in Archivio, nell'Album
Infanzia).
Ma vi sono fotografi come Tomaso Filippi che gira con la macchina
fotografica a catturare la realtà, con lo spirito del
reportages. Filippi ci ha lasciato bellissime serie di bambini
e fanciulle del popolo fotografati nelle fondamenta e calli
di Chioggia, Burano e Venezia tra la fine dell'800 e il primo
'900 mentre lavorano, giocano, si tuffano in canale, quasi
un mondo a parte (vedi foto).
Serie di fotografie interessanti per la nostra ricerca sono
quelle commissionate ai fotografi da Enti e Istituzioni:
- nell'archivio dell'IRE sono conservate le fotografie dei
vari Istituti
della Congregazione di Carità (Istituto Manin,
Catecumeni, Terese, Zitelle, orfanelli ecc.) dei primi anni
del '900.
- nell'archivio di Giacomelli - presso l'Archivio storico
comunale - le serie dell'Ospedale al mare, delle colonie,
delle scuole.
Nell'archivio fotografico del Museo Correr abbiamo trovato
molte fotografie di scuola - aule, banchi, refezione, scuole
all'aperto, attività didattica - di fotografi vari,
molte delle quali sono apparse nella "Rivista della città
di Venezia" pubblicata dal Comune negli anni '20 e '30
del '900.
Altre immagini provengono da archivi privati, come quelle
raccolte dalla Scuola elementare Grimani di Marghera: si tratta
di circa 1000 foto di classe eseguite da vari fotografi dal
1926 (anno di nascita della scuola) ad oggi (vedi l'album
della scuola).
La foto di classe - la classe in posa alla fine dell'anno
scolastico - è un rito che inizia si può dire
con la scuola stessa e dura fino ad oggi. Nell'archivio dell'Istituto
Tommaseo è conservata una interessante raccolta di
foto di classe degli anni '20 e '30 (vedi l'album
della scuola).
Vi sono poi i fotoreportages su alunni e scuole eseguiti da
fotografi per i giornali: l'archivio Cameraphoto ne conserva
di molto interessanti relative agli anni '60 e '70.
A questo punto si possono fare alcune considerazioni sulle
fotografie:
Immagini di fanciulli e fanciulle che lavorano in fabbrica,
chine sul tombolo o per la strada a vendere qualcosa o chiedere
l'elemosina, ci fanno capire che la "scoperta dell'infanzia"
convive con la sua negazione. Le infanzie e le adolescenze
perciò sono tante e diverse, a seconda che si sia ricchi
i poveri, maschi o femmine, si viva in città o in campagna,
ecc.
La scuola è un momento importante della socializzazione
infantile e adolescenziale, si vuole conservarne il ricordo
con una fotografia. Le fotografie di classe, scattate da fotografi
appositamente chiamati, sono diventate un genere, sono eseguite
cioé con modalità fisse che si ripetono nel
tempo: la classe fuori dall'aula in piedi (i più piccoli
davanti i più grandi dietro) o in aula, l'alunno/a
da solo seduto al banco con la carta geografica dietro ecc.
Molte fotografie hanno carattere ufficiale e sono state commissionate
da qualche istituzione (la scuola stessa, il Municipio) con
lo scopo di illustrare positivamente la vita di scuola, il
suo svolgersi regolare e ordinato in ambienti adeguati. Ci
restituiscono un'immagine "ufficiale" della scuola.
Abbiamo trovato una grande quantità di fotografie
di questo tipo del periodo fascista: il regime infatti dà
molta importanza alla fotografia come mezzo di costruzione
del consenso, mostrando attraverso essa le sue realizzazioni,
ma anche usando la scuola e tutti i momenti della socializzazione
infantile e adolescenziale nella propaganda di regime.
Accingendoci ad usare le immagini fotografiche come fonti
dobbiamo fare molta attenzione dunque, dibbiamo chiederci
chi le ha commissionate e a quale scopo, qual è il
punto di vista, che cosa non è raccontato dalle immagini:
l'abbandono scolastico, le discriminazioni o le violenze subite,
le resistenze all'addomesticamento, gli insuccessi.
Vi sono esperienze scolastiche più rappresentate di
altre - per quanto riguarda i risultati della nostra ricerca:
la scuola media sembra non interessare, così come il
liceo. Abbiamo trovato molte fotografie di scuole elementari,
molte di Istituti professionali, pochissime di scuole medie
e licei, a parte le foto di classe.
Queste dato può essere solo in parte spiegato adducendo
motivi di carattere casuale - molte fotografie possono essere
andate perdute, o non ancora emerse alla luce -; la scuola
media è poco interessante, almeno fino al 1962 quando
nasce la scuola media unica, perché è considerata
solo un raccordo tra l'istruzione elementare di base e l'istruzione
secondaria; l'istruzione liceale perché ha un carattere
nazionale, più che locale, e una continuità
nel tempo. Le istituzioni locali erano interessate a documentare
le scuole che dipendevano da loro, o comunque legate al territorio:
scuole elementari, scuole professionali.
A partire dagli anni '60 gli insegnanti cominciano a documentare
la vita di classe con macchina fotografica e video 8.
L'infanzia e l'adolescenza che le immagini documentano sono
quelle immaginate dagli adulti - genitori, educatori, politici,
fotografi ecc. - . E il punto di vista dai bambini e degli
adolescenti?
Autorappresentazione
Non abbiamo trovato - per tutto l'Ottocento e la prima metà
del Novecento - disegni liberi fatti dai bambini. I disegni
da loro realizzati che abbiamo trovato nell'Archivio storico
comunale sono disegni geometrici, eseguiti con righello e
compasso.
Dobbiamo arrivare agli anni '50 del Novecento per trovare
disegni attraversi i quali i bambini rappresentano se stessi
e la realtà che li circonda, come quelli che illustrano
i racconti nei quaderni
della classe V della scuola di Martellago, o la bella serie
di disegni dei bambini
della scuola ebraica raccolti da Lia Finzi (1949).
Si dà sempre più valore alla libera espressione
della soggettività di bambini e bambine (molto meno
di ragazzi e ragazze).
Sono degli anni '60 e '70 le illustrazioni tratte da giornalini
di classe: la scuola, la città, il mondo visti con
occhi di bambini e bambine (vedi l'Album
Rappresentazione in Archivio).
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Foto 1. E. Bosa, Il suonatore ambulante. Circa 1830.

Foto 2. E. Bosa, Giochi di strada. Circa 1830.

Foto 3. E. Bosa, La famiglia del pescatore. Circa 1830.

Foto 4. Ettore Tito. La maestrina

Foto 5. Ettore Tito, Bambini che giocano. 1912.

Foto 6. Ettore Tito, Ritratto di Marina Volpi. 1912.

Foto 7. Ettore Tito, La bolla di sapone. 1894.

Foto 8. Ettore Tito, I figli dell'artista. Primo '900.

Foto 9. Alessandro Milesi, Scena di genere.

Foto 10. Rappresentazioni dell'infanzia.

Foto 11. Ragazzi in riva.

Foto 12. Ragazze di un istituto di assistenza.

Foto 13. Ragazzo di un istituto di assistenza.

Foto 14. Ragazzo di un istituto di assistenza.
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