Amelia Pincherle Rosselli
C'erano a quel tempo dei canoni fissi a cui
si obbediva, da parte di chi educava; obiettivo principale:
crescere i figli alla spartana per quanto concerneva il fisico;
all'obbedienza e alla disciplina in quanto al morale. Erano
infine i tempi nei quali ancora in fatto di educazione, si
citava d'Azeglio; e mi ricordo che un giorno lo citò
la mamma per un ritardo nell'ora del pranzo da parte di mio
fratello Carlo, minacciandolo di mettergli la scodella della
minestra al fresco (s'era d'inverno) sul davanzale della finestra.
[…]
Erano i tempi - i miei tempi - nei quali dalla Germania scendeva
il verbo di Jaeger con la sua famosa ginnastica
e tutti i bambini e le bambine delle scuole facevano gli esercizi
armeggiando il bastone omonimo come, ne più ne meno,
i soldati col fucile. Erano i tempi - i miei - nei quali era
di moda insomma, bandire dall'educazione ogni mollezza. Sotto
il materasso del mio letto il papà aveva fatto mettere
un'asse di legno affinché il giaciglio risultasse ben
duro: e si citava volentieri il barone Franchetti perché,
parendogli troppo anche il materasso, faceva dormire i due
figlioli sull'asse di legno addirittura.
L'assedio di Venezia
[…] Una delle otto stampe, appese alle pareti della sala
da pranzo e che rappresentavano episodi dell'assedio, mostrava
il corteo dei cittadini - popolani la maggior parte - , recanti
ognuno oggetti d'oro e d'argento per l'offerta alla patria,
per la possibilità di prolungare quello che gli storici
di dopo dovevano chiamare "l'assurdo eroico assedio di
Venezia". Io salivo in piedi sulle sedie per guardarle
più da vicino, quelle stampe: e nell'episodio degli
ori mi colpiva specialmente la figura di una donna del popolo
china verso la fanciulletta, nell'atto di toglierle dagli
orecchi gli orecchini, mentre questa si lasciava fare, conscia
del valore del gesto materno che la privava dell'ornamento
forse lungamente desiderato. Io l'invidiavo, avrei voluto
essere lei.
Un'altra di quelle stampe mi faceva battere il cuore, tutte
le volte, in un'ansia incontenibile: un ponte battuto dal
tempestare del fuoco nemico; nembi di polvere e di fumo: sotto
il ponte, confusione di barche e rematori; figure di donne,
di uomini, di bambini in atteggiamenti disperati, sotto, le
sinistre parole di Arnaldo Fusinato:
"il morbo infuria
il pan ci manca.
Sul ponte sventola
Bandiera bianca".
Le leggevo e rileggevo, prima compitandole faticosamente.
Poi con l'andare del tempo rapidamente, e mi riecheggiavano
in cuore come un ritornello…
Così a tratti, mi sfiorava l'animo infantile l'alitare
di quei racconti eroici: come un frullar d'ali d'aquila che
si appressava un attimo alla mia piccolezza e risaliva tosto
a perdersi nel cielo.
Amelia Rosselli, Memorie, Il Mulino, Bologna, 2001.
Amelia Pincherle, nasce a Venezia, da famiglia ebrea,
nel 1870. Trascorre a Venezia l'infanzia e l'adolescenza (fino
a 15 anni), frequenta le scuole pubbliche - dopo le elementari
la Scuola superiore femminile. Trasferitasi a Roma dopo la
morte del padre, sposa Joe Rosselli dal quale ha tre figli:
Aldo muore combattendo nella Grande Guerra, Carlo e Nello
sono assassinati da sicari fascisti in Francia nel 1937. .
Prima di queste dolorose vicende Amelia Rosselli era una apprezzata
scrittrice di romanzi e commedie di successo in veneziano.La
prima parte delle sue "Memorie", intitolata
Balconi sul Canal grande, dedicata all'infanzia a Venezia,
è scritta nel 1931.
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