[sintesi a c. di mts]
Alla scheda sull'Educazione
al lavoro
Lettera della maestra comunale Elisa Meloncini al sindaco
del 21.6.1909 per chiedere locali scolastici per addestrare
nei lavori pratici donneschi le fanciulle povere.
AMV, 1905-09, VII-10-55
Secondo la maestra Meloncini la principale causa della "la
degradazione morale del nostro popolo"(alcolismo, turpiloquio,
poco amore per la famiglia e per il lavoro, nessuna dignità,
sporcizia) è "l'inerzia della donna, che la rende
proclive al vizio, inerzia atavica e abituale che la fa ignara
delle sue attribuzioni, inconscia dei suoi doveri."
Si assiste allo "spettacolo ripugnante di tante accattone,
ancora in giovane età, nonché di quelle che
stanno oziando tutto il giorno sulla porta delle loro catapecchie,
o tutt'al più intente a infilar perle." "La
donna del popolo, anziché essere guida ed esempio ai
figliuoli, è spesso incitatrice al vizio, o di questo
spettatrice indifferente e passiva." La causa è
la mancanza di educazione. Moltissime bambine sfuggono all'obbligo
dell'istruzione. Inoltre la scuola è inefficace perché
poco pratica, dà poco valore all'insegnamento dei lavoro
nelle scuole femminili, soppresso (secondo il programma governativo
del 1904) nella prima classe che è frequentata dalla
alunne più povere. L'amore per il lavoro va infuso
in loro fin dalla prima età "rendendole capaci
di produrre qualche cosa di utile". Lei ,e le signore
che la sostengono, chiedono al Municipio di poter prestare
la loro opera disinteressatamente a vantaggio delle fanciulle
più povere e più trascurate, addestrandole nei
lavori donneschi in maniere pratica e "rispondente ai
bisogni della loro condizione".
Elisa Meloncini, L'insegnamento dei lavori donneschi nelle
scuole femminili, specie nelle classi V - VI, Venezia
Istituto veneto d'arti grafiche, 1908.
In questo opuscolo la maestra Meloncini ribadisce il suo
convincimento e cioè che nella scuola elementare il
lavoro femminile è tenuto in scarsa considerazione.
Perché sopprimerlo in I mentre si fa nei giardini d'infanzia?
si chiede.
Nella sua scuola su 198 bambine di I, 115 hanno un'età
tra i 7 e i 12 anni. A Pellestrina le bambine di sei-sette
anni sono già al tombolo. E alcune ripetono due e perfino
tre anni la classe e abbandonano la scuola senza aver superata
la I.
Accusa le madri di non saper dare il buon esempio. La scuola
deve fin dai primi giorni combattere l'inerzia che le bambine
hanno ereditata dai genitori, "da quelle madri apatiche
e inconscie di ogni dovere che anche nelle tarde ore della
giornata si vedono scapigliate, sudicie, sciatte, inoperose.
Mancanti di mezzi per provvedere vesti e biancheria … non
si danno neanche la briga di pulire, ridurre, accomodare quel
che possono, quel che viene loro regalato. E sono proprio
queste donnicciuole che, cambiando condizione, passerebbero
dagli sbrendoli al lusso e troverebbero indecoroso, quasi
ridicolo non essere perfettamente alla moda." Come sperare
che tali donne insegnino alle loro figlie a lavorare? Facciano
loro acquistare abitudini di decenza, economia, ordine, operosità?
Tanto più le fanciulle sono trascurate in casa, tanto
più incombe l'obbligo alla scuola di supplire.
Propone di introdurre in V e VI - le classi popolari che preparano
a diventare massaie o ai laboratori - di insegnare l'uso di
macchine da cucire. Perché imparino divertendosi propone
di far eseguire corredini per bambole.
Per le bambine povere che abbandonano la scuola propone di
istituire una scuola di preparazione di massaie dove si insegni
a tagliare, cucire e rattoppare capi di vestiario; una scuola
complementare al corso elementare inferiore, non una scuola
professionale, per imparare ad arrangiarsi e in prospettiva
un lavoro alternativo alla fabbrica. La Meloncini è
contraria al lavoro delle ragazze in fabbrica, secondo lei
"la grande affluenza agli opifici, che ogni giorno va
più accentuandosi, è una prova del poco amore
alla casa e al lavoro."
Società contro l'accattonaggio, Richiesta in data
23 maggio 1910 per ottenere locali per un Laboratorio Popolare
AMV , 1910-14, VII-10-28
La maestra Elisa Meloncini e Ottavia Ghe, che presiede la
società contro l'accattonaggio, scrivono una lettera
al sindaco il 24 maggio 1910 nella quale riferiscono che il
laboratorio ha dato buoni frutti. Chiedono di poter usufruire
di un locale scolastico tutti i giorni e non solamente il
giovedì e indicano quello annesso alla scuola maschile
a S Samuele, per accogliere alcune giovinette tra le più
bisognose tra quelle che sfuggono all'obbligo,"ferme
nel convincimento che a redimere le classi diseredate non
c'è che un mezzo, il lavoro; fatto amare per tempo,
fatto entrare nelle loro abitudini, fatto divenire un bisogno
non solo materiale, ma anche morale."
Laboratorio popolare femminile. Relazione di Elisa Meloncini
letta alla mostra dei lavori.
Esalta il lavoro manuale divertente per i bambini e che consente
di esplicitare le loro attitudini.
Cita un esempio: a Spresiano c'è una fabbrica di giocattoli
di legno i cui operai sono gli alunni della scuola elementare
che lavorano ritagli di legno della segheria. "Offerto
il mezzo ai nostri ragazzi di occuparsi piacevolmente, si
vedrebbero la vie meno ingombre di quei piccoli invadenti
vagabondi, che s'accapigliano o per ischerzo o sul serio,
gridano, giocano, corrono all'impazzata, commettono monellerie
e vandalismi di tutti i generi, danno spettacolo di capriole
al forestiere per guadagnarsi il soldo; e nelle nostre case
civili quanti bighelloni di meno, annoiati e svogliati e sempre
pieni di voglie!"
La scuola per la vita è quella dove si insegnano cose
pratiche, come in Inghilterra. Questa scuola per le femmine
si impone come necessità "per il rialzamento morale
della popolazione:" "La donna fa l'uomo".
Racconta di due bambine che frequentavano la sua casa: assenti
sempre di lunedì perché quel giorno le mistre
non distribuiscono lavoro e le perlaie ne approfittano per
giocare a tombola dalle due del pomeriggio fino alle nove,
come la domenica, mentre le figlie badano ai piccoli.
Ci sono esempi di fanciulle che a 11-12 anni sanno cucire,
rassettare la casa, stirare. "Mi allettava - scrive la
Meloncini - la visione di un laboratorio di minuscole operaie."
Così nasceva in lei l'idea di una scuola esclusivamente
di lavoro, istituendo i doposcuola per le alunne delle prime
classi elementari e una scuola apposita di lavoro per le fanciulle
che sfuggono all'obbligo che potesse accogliere anche le giovani
e le madri (laboratorio popolare).
Le fanciulle accorsero numerose solo con lo spargere la voce
tramite la bidella e senza refezione. Il laboratorio funzionò
tutto il mese di agosto dalle otto alle 12, ma all'inizio
dell'anno scolastico deve sospendere per mancanza di spazi,
invita allora alcune bambine a casa sua.
Monti Olga di 14 anni, beneficata dalla Società contro
l'accattonaggio, era del tutto incapace ed è diventata
il suo braccio destro; i genitori, poveri ma onesti, hanno
rinunciato al suo aiuto per permetterle di recarsi da lei
tutti i giorni nonostante il lungo cammino. La madre imparò
dalla figlia. Anche le più insubordinate diventarono
tranquille e buone. Due sorelle, tra le più povere
e trasandate, "due vere selvagge", da principio
non volevano far nulla, molestavano di continuo le compagne,
si ribellavano agli ordini; poco per volta si ammansirono
e riuscirono a imparare fino a diventare irriconoscibili.
"Perché prolungare la spensieratezza bambinesca
in fanciulle chiamate prestissimo alla più grave missione
della donna?" Le adulte sono soggetti più difficili
perché meno docili, meno sottomesse, tuttavia riuscì
a educare anche la sua donna di servizio di 19 anni.
|