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1923 - LA RIFORMA GENTILE

 
 

 

 
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LA RIFORMA GENTILE

Nel 1923, Giovanni Gentile, filosofo e uomo politico, fu autore in qualità di ministro della Pubblica Istruzione del primo governo Mussolini, di una importante riforma dell'intero sistema scolastico italiano. Secondo questa riforma la scuola secondaria e la scuola superiore dovevano essere riservate a pochi, cioè ai migliori per intelligenza e per classe sociale.

Venne rinforzato il carattere umanistico della scuola italiana, introducendo il latino in tutti i corsi inferiori della scuola secondaria (ad eccezione della scuola complementare) e in tutti i corsi superiori (ad eccezione degli istituti tecnici).
Anche la trasformazione della Scuola Tecnica (frequentata principalmente dai ceti popolari) in scuola complementare, priva di sbocchi alle scuole superiori, approfondì, in senso conservatore, la separazione tra istruzione utilitaria ed istruzione formativa.

Sotto il profilo dell'ordinamento amministrativo la riforma si ispirò ai principi di un centralismo burocratico: presidi e direttori didattici, divenuti responsabili verso i superiori diretti, ebbero il compito di vigilare e controllare ogni comportamento difforme dalle direttive governative e ministeriali
La riforma riguardava tutti gli ordini di scuole.

La Scuola elementare divenne di 5 anni. L'obbligo scolastico fu portato a 14 anni e furono istituite la VI, VII, VIII, dipendenti dalla scuola elementare.
La riforma istituì inoltre la scuola materna non obbligatoria

Scuole di ordine medio.
Erano i corsi inferiori dl liceo classico, dell'Istituto tecnico e delle magistrali, che contemplavano obbligatoriamente lo studio del latino, selettivi sia in entrata che in uscita.
Sostituirono la storica Scuola Tecnica, senza il latino che, per circa 60 anni, era stata l'unica alternativa al ginnasio per proseguire gli studi nell'Istituto Tecnico o per accedere al mondo del lavoro. La Scuola Tecnica, declassata dopo circa sessanta anni, a Scuola Complementare, era un percorso fine a se stesso.

Scuole superiori
La riforma confermò come scuola preminente il Ginnasio-Liceo classico, riformò i corsi dell'Istituto Tecnico e della scuola Normale, da questo momento in poi Istituto Magistrale, che ebbero corsi inferiori e superiori, istituì i corsi superiori del Liceo scientifico e del Liceo femminile, dell'Istituto nautico, del Liceo artistico, del Conservatorio. A questi ultimi corsi superiori si accedeva dopo la frequenza dei corsi inferiori del Ginnasio, dell'Istituto Tecnico o dell'Istituto magistrale.

Alla fine delle classi superiori c'erano: nel Liceo classico, l'esame di maturità, che dava l'accesso a tutte le facoltà universitarie; nel Liceo scientifico, l'abilitazione, che precludeva l'accesso a Lettere e filosofia e a Giurisprudenza; nell'Istituto Magistrale l'abilitazione, che precludeva l'accesso all'università e solo più tardi permise l'iscrizione al Magistero; nel Liceo femminile, la licenza che non consentiva il proseguimento degli studi. Quest'ultima scuola, nel clima di emancipazione femminile di quel periodo, in cui le donne entrarono in tutte la scuole frequentate, fino a quel momento, prevalentemente dai maschi, fu un fallimento della Riforma Gentile.
Anche la soppressione della Scuola Tecnica fu molto criticata, perché impediva alle fasce sociali medio-basse, a causa della lunghezza e della difficoltà dei percorsi, il raggiungimento, dopo tre anni di studio, di un riconoscimento legale.

 

Andare a scuola, nel tempo...

 

 

 

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