La scuola in guerra (1940-1945)
Il 10 giugno 1940 l'Italia fascista entra ufficialmente nel
conflitto bellico al fianco della Germania nazista. Gli alunni
delle scuole ascoltano il discorso di entrata in guerra di
Mussolini diffuso dalla radio.
Gli effetti della guerra non tardano a farsi sentire anche
nel sistema scolastico. In primo luogo gli edifici scolastici
diventano i contenitori privilegiati dove svolgere e far affluire
uomini, mezzi e attrezzature di carattere bellico e militare.
Ma fu dopo l'8 settembre 1943 che le conseguenze della guerra
investe pienamente la scuola: il conflitto, fino allora combattuto
fuori dei confini italiani, entra nel perimetro nazionale
mettendo ulteriormente in crisi i fragili equilibri.
La guerra entra nel vissuto quotidiano della società
a determinando un forte mutamento di comportamenti e mentalità
che, inevitabilmente, investe anche il mondo della scuola.
Nei cortili si coltivano "orti di guerra"; le ragazze
confezionano calze di lana e pacchi da inviare ai soldati
al fronte, i ragazzi raccolgono metalli.
La carta per i libri di testo inizia a scarseggiare e le
aule durante i mesi invernali sono prive di riscaldamento.
Gli allarmi aerei iniziano a suonare con sempre più
insistenza terrorizzando gli scolari e costringendoli a frequenti
interruzioni. A subire le conseguenze dei bombardamenti aerei
sono soprattutto gli edifici scolastici collocati in prossimità
della zona industriale di Marghera (vedi foto n. 1).
La frequenza cala per la paura dei bombardamenti. Alcune
scuole vengono requisite; oltre a moltiplicarsi le requisizioni
di carattere militare, gli edifici scolastici cominciano anche
a registrare la sempre più massiccia presenza di coloro
che hanno subito la furia distruttiva della guerra: profughi,
sinistrati e sfollati.
Nonostante le reiterate proteste di presidi e direttori didattici
il fenomeno della forzata convivenza con i rifugiati di guerra
e del sovraffollamento nelle scuole cittadine non trova soluzione
e continua ancora a guerra finita.
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