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Buone bambine
Prima di scuola
Al mattino per tempo, Lisetta e Lena erano
già in faccende. Dorina voleva che fossero non solo
brave scolarette, ma anche brave donnine di casa. Esse si
pettinavano a dovere, poi pulivano i pettini e li riponevano
con cura. Indi, dopo essersi lavate e vestite, indossavano
un grembialone e attendevano a qualche altra faccenduola.
Spolveravano i mobili, lucidavano le maniglie di ottone degli
usci, il bottone del campanello esterno, il beccuccio dell'acqua
potabile, e trovavano il tempo di badare al latte che era
sul fuoco e di preparare il pane affettato per la colazione.
Dopo scuola
Al ritorno dalla scuola, le due fanciulle
indossavano di nuovo il grembialone di casa, si mutavano le
scarpe, lustravano e riponevano per il domani quelle smesse.
Poi aiutavano Dorina meglio che potevano. C'era da mondare
il riso? Da pulire il prezzemolo? Da grattuggiare il formaggio
o il pane? Da rimestare la pentola perché la minestra
non si attaccasse al fondo e non sentisse di bruciaticcio?
Le aveste vedute, con quanta buona voglia attendevano a queste
faccende! C'era però anche per esse l'ora del gioco;
e come giocavano volentieri, sapendo d'aver adempiuto al loro
dovere!
I denti
E la sera prima di coricarsi, indovinate
che cosa facevano! Pregavano? Oh! Senza dubbio nessuno deve
dimenticarsi di ringraziare il buon Dio e di raccomandargli
i propri cari. Ripiegavano le vesti e gli altri indumenti?
Oh, certo! Le fanciulle per bene non devono lasciare le vesti,
le sottane, i corpetti disordinati, dove vien viene.
Ma Lena e Lisetta facevano anche qualcos'altro: facevano ciò
che voi tutte dovete fare prima di andare a letto: si lavavano
i denti e si risciacquavano ben bene la bocca.
Era per questo che i loro dentini si mostravano sempre puliti
e bianchi, e che al mattino esse non avevano mai la bocca
amara e l'alito cattivo.
Da: Guido Fabiani,
Casa mia! Patria mia! Libro di lettura per la 3a classe
elementare femminile delle scuole urbane, secondo i programmi
ministeriali vigenti, Vallardi editore, Milano, 1914.
Lo scolaro cattivo
Il cattivo scolaro si alza tardi dopo essersi
fatto a lungo chiamare e scuotere e sgridare. Si veste di
malavoglia. Si lava alla peggio, poi corre subito in cucina.
Non pensa ai libri ma alla colazione.
Finito di mangiare, va in cerca della sua cartella. Non sa
mai dove l'ha buttata la sera avanti. E' tardi e non fa in
tempo neppure a guardare se dentro ha tutto quello che gli
può occorrere a scuola. Poi si avvia. E' tardi, ma
non ha fretta; anzi si ferma ogni tanto dinanzi alle vetrine
di balocchi o di dolci o di frutta. Di che altro mai s'interessa
questo negligente ragazzo?
Arriva a scuola che i compagni sono già in classe.
Qualche volta è così tardi che la maestra si
rifiuta di farlo entrare.
Messosi a posto, non sta quieto. Urta il compagno, si bisticcia
con l'uno o con l'altro, sferra talvolta qualche pugno. La
maestra vede e lo chiama fuori dal banco, lo mette in un angolo.
Di là il monello distrae con gesti e smorfie i compagni.
Chiamato a ripetere la lezione, balbetta. Dice che non ricorda.
La verità è che non ha studiato.
Il quaderno del suo compito sempre mal fatto è coperto
di macchie.
Finite le lezioni, ritorna a casa ancora senza fretta d'arrivare,
nonostante le raccomandazioni della sua povera mamma, che
spesso piange per lui, angosciata di vederlo tanto negligente.
Ritornato a casa, chiede da mangiare e poi sgattaiola in cortile,
se appena la madre non lo vede. Quando deve mettersi a tavolino,
apre il libro e si mette e leggere, ma gioca intanto con le
mani, fa boccacce al fratellino, gli butta pallottole di carta,
tira la coda al gatto se gli passa vicino.
Apre il quaderno e comincia a scrivere subito, senza prima
raccogliersi e pensare, così fa molte cancellature;
scrive in fretta per fare presto e fa cadere sempre sulla
carta delle gocce d'inchiostro. Sbrigati in qualche modo i
suoi doveri di scuola, si mette a giocare fino all'ora di
cena.
La mamma sarebbe contenta che giocasse con il fratellino.
Invece finisce sempre col farlo piangere.
Dopo cena non si cura affatto di ripassare le lezione, torna
a prendere i balocchi fino all'ora del riposo. Poi va a letto
per
ricominciare l'indomani un'altra giornata come questa.
Lo scolaro modello
Aveva la mamma malata ed il babbo tutto
il giorno occupato nel suo lavoro, eppure al mattino, a scuola,
Menechini era puntualissimo all'orario. Una volta soltanto
si presentò in ritardo; tutto mortificato e confuso
entrò nell'aula, si avvicinò alla cattedra,
disse sottovoce alcune parole al signor maestro e poi scoppiò
in singhiozzi. Sentimmo allora il maestro che gli diceva:
- Ma dovevi rimanere a casa, nessuno ti avrebbe detto nulla.
Anzi ritorna pure a casa e non ti preoccupare della scuola.
Dopo di che con una paterna carezza e un'occhiata amorevole,
il signor maestro lo congedò. Appena se ne fu andato,
anche per soddisfare alla curiosità di tutti noi, il
maestro disse:
- Povero figliolo! Sua madre sta peggio e per questo ha tardato.
Dopo soli due giorni di assenza Menichini tornò. Si
era fatto pallido e emaciato, ma brillava da quel suo aspetto
stanco tanta gioia. Sua madre stava molto meglio, grazie a
Dio. Noi tutti facemmo a gara ad essere tutti buoni, affettuosi
e premurosi con lui, che avevamo considerato sempre come lo
scolaro modello, ma che ora avevamo conosciuto anche come
il più affettuoso dei figlioli.
Egli si rimise al lavoro in tutta lena. Bisognava sentire
come sapeva la lezione, bisognava vedere con quale diligenza
faceva i compiti! Così intelligente com'era, tenne
sempre il primo posto fra i migliori della classe, né
si dava affatto delle arie, anzi
buono e caro nella sua
modestia, aiutava tutti; porgeva una mano a chiunque aveva
bisogno e anche, e specialmente, a quei due o tre che volevano
rivaleggiare con lui o passargli in qualche modo avanti.
Un giorno uno dei più sbarazzini della classe volle
fargli uno scherzo di cattivo genere. Saputa la cosa, il maestro
inflisse una punizione a quel cattivo; sapete che cosa fece
Menechini? Insistè tanto presso il maestro che ottenne
che costui non fosse punito.
Da:
Lina Rina Lombardini,
Pagine del mio diario, da: Cesare Paperini, Voci
mattutine. Piccola antologia italiana per la quarta classe
elementare, Roma 1946.
Dal quaderno di Ottorino e Ginetto
Giugno 20.
Quando eravamo monellucci, avevamo la brutta abitudine di
fare sgorbi e parolacce sui muri delle case. Ora sappiamo
che chi fa di questi atti è un ingrato verso il maestro
che lo educa. D'ora in avanti, non solo non vogliamo più
commettere questa cattiva azione, ma ci siamo proposti di
ripulire tutti gli sgorbi che appaiono sulle case del nostro
paese. Ieri un birichino scrisse una parolaccia sulla porta
del medico, ma Ginetto, svelto, è corso tosto a toglierla
con uno strofinaccio che serbiamo appositamente a questo scopo.
Ottorino
Agosto 20
Ottorino mi ha suggerito una buona azione da compiere con
lui. Al terzo piano della sua casa abita la famiglia di un
operaio. Tra i figli ce n'e uno di 12 anni che è convalescente
di una lunga malattia: il medico gli ha ordinato il bagno
in casa. Perché, dice Ottorino, non ci offriremo noi
di portar l'acqua ogni giorno? Il padre deve lavorare, la
mamma deve attendere al malato e alla casa; gli altri figli
sono piccoli. Per noi sarà un divertimento utile.
Ginetto
Novembre 4
Stiamo preparando un cartello e una scritta molto chiara,
per un uomo che non sa né leggere, né scrivere.
Che disgrazia essere analfabeti! Sono parole facili: "Qui
si vendono scope e scopini". Tanto facili che le potrebbe
scrivere un ragazzetto di prima elementare: eppure quell'uomo
non saprebbe da che parte cominciare.
Quando il cartello sarà pronto lo esporrà alla
finestra della cucina; così potrà far affari.
Altrimenti chi saprebbe ch'egli fabbrica e vende scope?
Ottorino e Ginetto
Da:
Rosa
Agazzi, Piccoli benefattori, collana "Il buon
esempio", Biblioteca popolare per i fanciulli diretta
da Guido Fabiani, n.76, Vallardi Editore, Milano 1910
(A cura di mts)
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