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Eugenio Miozzi
Ex Casinò Municipale
DESCRIZIONE EDIFICIO
 

Descrizione architettura

L’ex-Casinò del Lido presenta un aspetto esterno sobrio e compatto, nel quale riecheggiano nel prospetto principale,  echi di  citazioni dell’architettura piacentiniana.
Nel distributivo interno si procedette ad una netta divisione dei transiti, in quanto il personale, che ammontava nei mesi estivi a più di cinquecento persone, necessitava di percorsi alternativi. Da un atrio di ben 880 mq. si poteva, poi,  accedere al salone da pranzo, a quello del caffè e a quello delle feste ampi rispettivamente 360 mq, 360 mq e 800 mq.; nel lato destro sorgeva un’enorme scala monumentale che portava alle sale da gioco del primo piano articolate in un salone comune di 1.100 mq e un salone di gala di 800 mq. Nel lato sinistro dell’edificio, nettamente separata dal complesso,  trovava sede la scala del personale e d’accesso agli uffici, nei corpi di fabbrica adiacenti i vari servizi della casa da gioco e tramite ascensori si arrivava alle terrazze superiori di ben 3.600 mq.
Il palazzo nella sua nuova imponenza strutturale era caratterizzato anche da novità impiantistiche quali il riscaldamento invernale, il condizionamento estivo, un efficiente servizio di ascensori e montacarichi per “..assicurare un rapido servizio di trasporto verticale di persone e cose fra i vari piani…”
Inizialmente il riscaldamento era stato previsto solo al pianoterra perché si pensava che la posizione decentrata del Lido, in inverno, non portasse un gran flusso di visitatori; in realtà i risultati della prima stagione invernale, ben al di sopra delle aspettative, convinsero i tecnici, visto che l’impianto non era ancora del tutto terminato, ad estenderlo anche ai piani superiori.
Basti pensare che il Casinò, provvisto dei più moderni impianti di sicurezza, ammontava ad una massa edificata pari a 140.000 metri cubi : era costato, al tempo, 21.638.830 lire.

Si spesero:  9.450.000 lire per la costruzione delle strutture murarie, strade di accesso, darsene e piazzali; 3.660.000 per la decorazione interna; 1.500.000 per gli impianti di illuminazione, telefoni, segnalazione con relative cabine elettriche e accumulatori; 600.000 per le cucine elettriche; 680.000 per l’impianto idraulico e sanitario; 1.650.000 per l’impianto di riscaldamento a aria calda e ventilazione; 1.900.000 per il condizionamento estivo; 560.000 per ascensori e montacarichi.

Vi lavorarono a turni ininterrotti 500 operai, saliti a 1500 negli ultimi due mesi di cantiere.

Elementi decorativi esterni

L’avvento della guerra bloccò il sorgere del progettato terzo palazzo che doveva risultare simmetrico al palazzo del cinema in un piazzale scenografico di grande impatto visivo “…senza intralcio di alberi o di altre soprastrutture (pali elettrici, fili, paline, ecc..)” ornato di aiuole e fontane luminose oggetto di attenta progettazione, per creare una immagine moderna e avvenieristica del Lido. La sistemazione urbanistica della totalità dell’area rimase poi irrealizzata accentuando un senso d’incompiutezza esecutiva destinata a giungere sino ai giorni nostri, accentuata oggi dal desolato abbandono definitivo della sede estiva del Casinò.
Tale intervento novecentesco costituisce per il Lido un sogno “modernista” , inesorabilmente interrotto, da lì a poco, dallo scoppio della seconda guerra mondiale.

Elementi decorativi interni

Gli interni monumentali vennero particolarmente valorizzati dall’uso di marmi chiari, “..i più belli d’Italia….” specchi, vetri e maestosi lampadari, che sottolineavano la luminosità voluta con l’apertura di grandi finestre. La creazione delle grandi vetrate venne curata dalla Vetrocoke di Marghera, mentre per i vetri artistici ci si avvalse della collaborazione delle rinomate fabbriche muranesi di Venini, Ferro, Toso, Barovier.
I marmi principalmente impiegati furono: il fior di pesco Carnico, il Repen del Carso, il Verde Châtillon di Lecco, il Breccia aurora di Valstagno, il Giallo di Siena, il Travertino imperiale, quello delle Querciolaie, di Ascoli, il Nero dell’Agordino, il Verde delle Alpi, la Monzonite del Piemonte, il Rosa di Lasa, la Breccia medicea, il Biancone, la Pietra d’Istria, la Portasanta di Toscana.
Si dotò  il salone delle feste oltre che di uno speciale impianto luce anche di un palcoscenico meccanico, il quale “…installato al centro della sala…costituiva una particolare novità tecnica essendo il primo in tale genere costruito in Italia…”

Per la decorazione dell’edificio venne formata una specifica commissione composta da funzionari comunali affiancati da personalità dell’arte quali il pittore Italico Brass, il prof. Guido Cirilli, Direttore della Regia Scuola Superiore di Architettura e dall’ing. Giulio Pancini, ingegnere Capo del Genio Civile.
Le ditte che ne curarono l’arredamento esclusivo furono la “Eugenio Quarti” di Milano e il “Gruppo Arti Decorative S.A”. di Venezia, che realizzarono un allestimento raffinato e moderno che sottolineasse il carattere di modernità e avanguardia dell’edificio.

Riferimenti stilistici

Esempio di architettura razionalista sconfinata nel monumentalismo di regime tipico della fine degli anni trenta,che riprende citazioni della ricerca architettonica italiana del primo novecento.

Notizie storiche

Il nuovo Casinò del Lido fu l’ultima delle grandi opere realizzate durante il ventennio fascista in città e progettate, per conto del Comune di Venezia, dall’Ingegnere Capo Eugenio Miozzi , che con questa costruzione, concluse quella feconda stagione progettuale che aveva portato, in brevissimo tempo, alla modernizzazione novecentesca della città lagunare fortemente voluta dal regime.
Basti pensare che nel corso degli anni trenta erano già stati realizzati dal Miozzi , in tempi rapidissimi, i due nuovi ponti sul Canal Grande all’Accademia (1933) e agli Scalzi (1934) , che sostituivano i malandati ponti in ferro eretti da Neville a metà dell’ottocento, il ponte traslagunare automobilistico della Libertà, allora detto “ Ponte del Littorio”, che collegava Venezia alla terraferma con la contemporanea creazione del Piazzale Roma e del garage comunale, dell’escavo del  Rio Nuovo con la  costruzione dei suoi ponti, tutti elementi costruttivi facenti parte della grande opera detta allora “Opere di congiungimento di Venezia alla terraferma”  solennemente inaugurata il 25 aprile 1933.
La vicenda della costruzione del Casinò era cominciata il 16 luglio 1936 con  un primo Regio Decreto che aveva concesso a Venezia i benefici accordati nel 1927 al Comune di San Remo, rafforzato poi da un secondo del Ministero dell’Interno del 30 luglio 1936 che autorizzava il Comune di Venezia “…all ’esercizio dei giochi d’azzardo”  mantenendo fede alla promessa fatta da Galeazzo Ciano in occasione della Mostra del Cinema del 1935 con la quale informava le autorità veneziane che il duce “aveva deciso di accordare il permesso di aprire una casa da gioco… che avrebbe dovuto diventare, in breve tempo, la più elegante d’Europa”.
Fu così che i due vicepodestà, Leonida Macciotta e Vilfrido Casellati con il capo dell’Ufficio del Turismo conte Bellegarde , si recarono, all’inizio del 1936, in sopralluogo ai Casinò di San Remo e della Costa Azzurra, a Cannes e Nizza, per esaudire la richiesta di Mussolini. Da subito si vide, nella possibilità di avere a Venezia un Casinò, un’enorme risorsa economica per le casse comunali per gli introiti derivanti da poter riusare nel restauro complessivo della città.
Il Podestà Alverà precisava poi, calcando la mano, al Ministro dell’Interno Buffarini che “..il bisogno di tenere aperta d’inverno la casa da gioco è sentito così come in estate..”.  Fu concesso, quindi, di avere una sede estiva al Lido e una invernale in un grande palazzo cittadino, che dopo molte ricerche venne individuato in Ca’Giustinian a San Marco.
Nell’ottobre 1936 si iniziò il restauro dell’antica dimora  mentre venne appaltata la costruzione ex-novo del Casinò del Lido; dopo aver scartato altre aree più dispendiose per i relativi espropri, si decise per quella alle Quattro Fontane, richiesta dal Comune ufficialmente al Demanio il 28/4/1936.

Nella scelta dell’ubicazione del nuovo Casinò aveva, infatti, pesato non poco la vicinanza dell’area all’Hotel Excelsior. Inizialmente l’esordio , nel 1936, dell’attività estiva della casa da gioco, mentre si attendeva la fine dei lavori della nuova sede, si svolgeva con grande successo, analogamente alla Mostra del Cinema all’Excelsior Palace Hotel, all’inizio con un fitto simbolico di una lira pagato dal Comune, poi rincarato l’anno successivo.

Erano, infatti, gli anni in cui l’ Amministrazione Comunale, incalzata dal grande mecenate, il conte Volpi di Misurata fautore dell’idea della “Grande Venezia”, promuoveva un organico progetto di riadeguamento funzionale del Lido, che da “luogo ideale” di villeggiatura, diveniva, in breve,  il fulcro di un intenso meccanismo economico capitanato dalla Biennale e dalla C.I.G.A (Compagnia Italiana Grandi Alberghi), le quali, una a scopo culturale e l’altra turistico, promuovevano un rilancio a larga scala del cordone litoraneo veneziano.
I lavori del casinò invernale procedevano spediti, ma proteste cattoliche del vicino patriarcato sulla futura sede a Ca’ Giustinian, troppo vicino alla basilica di San Marco e di fronte al seminario, ne bloccarono i lavori. Sarà, infatti,  solo nel dopoguerra che si aprirà sul finire degli anni cinquanta la sede a Ca’ Vendramin Calergi a Venezia, e  non a caso, dalla parte opposta della città.
Il Comune, per non perdere la ghiotta occasione, ribadì fermamente la scelta del rilancio esclusivo del settore occidentale del litorale, elaborando un ambizioso progetto destinato, però, a rimanere incompleto a causa del sopraggiungere del conflitto bellico.

L’Ingegner Miozzi,  per la costruzione della casa da gioco, si avvalse della consulenza esterna dell’architetto Guido Iscra e i lavori vennero appaltati alla ditta Danella Domenico per le opere murarie e altre numerose ditte per i lavori di completamento.
Il Casinò doveva costituire il centro di un articolato sistema progettuale e occupava per intero la larghezza dell’area dell’ex forte austriaco realizzato all’indomani della seconda guerra d’indipendenza, che opportunamente demolito permise l’utilizzo delle proprie fondazioni e buona parte della muratura per la nuova casa da gioco.
Difatti la sagoma tondeggiante dei due margini frontali dell’edificio, che richiamavano anche nel disegno il vecchio prospetto del vicino Palazzo del Cinema, se in un primo tempo poteva rispondere ad una bizzarria progettuale, in realtà ricalcava le tracce delle fucilerie della fortezza austriaca  come ebbe a spiegare lo stesso ingegner Miozzi nei suoi numerosi scritti.

L’ambizioso complesso monumentale progettato dal Comune di Venezia era costituito da tre edifici riuniti nella medesima area; prevedeva al centro, leggermente arretrata rispetto agli altri due, il volume della casa da gioco provvista di attrezzature e servizi, a sinistra il Palazzo del Cinema da destinare a sede di spettacoli, concerti e conferenze e a destra un edificio simile al precedente destinato a piscina coperta da utilizzare d’inverno a campo di pattinaggio sul ghiaccio grazie ad un avveniristico impianto frigorifero.

Nel progetto iniziale i tre manufatti risultavano collegati tra loro da porticati esterni sino a sviluppare un fronte continuo di 200 metri. abbelliti con  fiori, piante e giochi d’acqua.
Gli edifici erano , inoltre, congiunti all’Excelsior tramite una serie di passaggi sotterranei, in parte ripristinati recentemente in occasione della Mostra del Cinema,  che uscivano sino alla spiaggia ove da maggio a settembre funzionava anche il tiro al piccione.

Il piazzale antistante al Casinò veniva a raggiungere una superficie di ben  20.000 mq,  progettato in previsione di un futuro collegamento acqueo del Lido a Chioggia con una motonave che partisse proprio da qui, per vivacizzare ulteriormente il litorale lidense e rispondere, al tempo stesso, alle esigenze di parcheggio che si sarebbero di conseguenza create. Il piazzale terminava con un andamento  sinusoidale, “sul tipo della spiaggia di Ostenda” sotto il quale erano ricavati camerini in muratura dotati di relativi servizi.

L’idea del collegamento diretto con Chioggia venne più volta rilanciata dal Miozzi anche negli anni del secondo dopoguerra e in particolare in occasione del suo avveniristico, per gli anni cinquanta,  progetto di tunnel sublagunare tra Venezia e la terraferma (1956).

I tre palazzi, circondati da alberi ad alto fusto, limitati da un ampio canale che arrivava sino alla darsena retrostante, venivano serviti da un collegamento pubblico di motoscafi che raggiungeva il centro città come poi avvenne, per molti anni, nei mesi estivi con i motoscafi dell’ACTV.
Quasi in contemporanea si procedette  alla realizzazione del Palazzo del Cinema  (inaugurato nel 1936) e all’edificazione dell’adiacente Palazzo del Casinò del Lido.
I lavori, iniziati nel novembre 1937, in parte interessavano l’area del vecchio forte, mentre la maggior parte, circa il 60 %, si sviluppavano in un terreno adibito ad area verde, in cui si ritenne opportuno attuare una palificazione in legno con uno zatterone in calcestruzzo rinforzato in più punti con spezzoni di vecchie rotaie.

Era un’opera di carattere monumentale , costituita secondo criteri “moderni”, cioè solo in mattoni e malta con solai in laterizio, e non presentava alcun collegamento in ferro nelle murature verticali. Erano, infatti, gli anni in cui la corsa agli armamenti limitava al massimo l’uso di tale materiale nelle costruzioni.
Nel corso dei lavori intervennero parecchie varianti in corso d’opera, emersero difficoltàtecniche  data la presenza di una “vasca” nel sottosuolo che costrinse  “ a rifare interamente canalizzazioni sotterranee avendo trovato un suolo tutto permeato d’acqua che aveva provocato l’allagamento dei condotti già predisposti..”.

Il Casinò del Lido, realizzato in soli 8 mesi, iniziato nel novembre 1937, venne inaugurato ufficialmente il 30 giugno 1938 e aperto al pubblico il 1 luglio 1938: fu l’ultima delle grandi inaugurazioni veneziane del ventennio fascista.

Quest’opera, singolo esempio di rivoluzionaria architettura razionalista, fu il frutto della stretta collaborazione tra l’amministrazione comunale e il governo fascista e rispondeva alla precisa volontà del regime di imprimere alla città un’immagine modernista estranea alla tradizione lagunare.
E’stata sede estiva del Casinò sino alla fine degli anni Novanta quando la costruzione della sede del  casinò di Ca’Noghera, in terraferma, ne decretò la definitiva chiusura.
Attualmente viene riaperto solo in occasione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e concesso in uso, per quei giorni, alla Società di Cultura “La Biennale di Venezia”.

La proprietà è comunale.

Il problema di un riuso dignitoso di tale struttura di grande imponenza, criticata e tacciata di eccessivo monumentalismo, ma fedele specchio storico della ricerca architettonica del ventennio esasperata, a fine anni trenta, dalla retorica di regime,  è una delle questioni veneziane attualmente irrisolte.

 
   
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    ultimo aggiornamento: 06/02/'09   __
   
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