I
principali artefici della realizzazione del Tempio Votivo, l’ultimo
grande edificio sacro costruito in ambito lagunare, furono l’architetto
Giuseppe Torres ed il Cardinale Pietro La Fontaine.
Nella visione
dell’alto prelato l’edificio doveva costituire il pendant storico della
Basilica della Salute, costruita – quest’ultima - quale segno tangibile
del ringraziamento dei Veneziani per la fine della peste; allo stesso
modo il Tempio Votivo – mutatis mutandis – doveva mostrare
concretamente la riconoscenza ed il ringraziamento dei Veneziani per il
modo in cui la città era uscita senza danni irreparabili dai
bombardamenti austro-ungarici della Grande Guerra, culminati nella
tragica "notte delle otto ore" del 27 febbraio 1918, durante la quale
la città fu sottoposta a quello che con temine attuale si
potrebbe definire un bombardamento a tappeto.
La cura della
realizzazione tecnico-stilistica dell’edificio fu affidata a Giuseppe
Torres, che al Lido aveva già lavorato edificando nel 1913 Villa
Predelli e una parte degli edifici di Città-Giardino assieme al
fratello Duilio, mentre lo scoppio della Grande Guerra aveva impedito
all’architetto la realizzazione di un complesso di ville commissionata
dalla Compagnia Italiana Grandi Alberghi in una zona dell’attuale
Lungomare Marconi compresa fra il Des Bains e l’Hotel Excelsior.
L’incarico della progettazione del Tempio Votivo giunse a coronamento
di un interesse ed attività in fatto di architettura religiosa
che Giuseppe Torres aveva sempre coltivato e che si era esplicato anche
in progetti di restauro, decorazione e ricostruzione di diverse chiese
in Veneto, Calabria e Toscana.
L’architetto, persona intrisa di
profonda religiosità, vedeva nell’impianto stesso dell’edificio
l’esemplificazione della propria visione religiosa:
“Mai
come in un tempio per il Culto le arti trovano il posto che loro spetta
[...]; esse nel loro assieme sono il simbolo stesso della
Divinità perché il Tempio racchiude come parti in se
stesso indivisibili tutte le arti. L’architettura prepara in un assieme
organico e statico il corpo; la decorazione l’arricchisce e l’adorna
con oggetti tolti da vegetali e animali, o da esseri invisibili, mentre
la scultura la completa di realtà fisiche o trascendentali
tolte da più evolute forme create (…) Il Tempio è il
compendio e la somma di ogni cosa che proviene dall’Altissimo. Materia
e Mente vi si fondono in forme, ma queste è necessario siano
espresse nel più alto rapporto simbolico con la Grande Madre e
si armonizzino e si assimilino con l’iride, illuminate dalla stessa
luce di Verità.”
(Giuseppe Torres, Considerazioni inerenti alla ideazione di un edificio sacro, testo inedito citato in LIMONGELLI 1978)
Ogni particolare dell’aspetto esterno dell’edificio risponde ad una
logica stringente: “Il concetto del Tempio Votivo di Lido, quale fu da
me proposto, non è che la risultante della mia esperienza in
religione e in arte, il risultato dunque di una maturazione spirituale
che si era andata completando nella fede assoluta dello spirito
infinito e nel desiderio costante di penetrarvi con la elevazione
devozionale e col mezzo dell’arte. (…) Nei riguardi tecnici, volli
soltanto preoccuparmi (dovendo il Tempio essere monumento) di dare ad
esso questa espressione monumentale, e cioè di esprimermi con
masse ben distinte e con gli elementi architettonici più puri e
semplici; cioè: la linea verticale e la orizzontale,
riservandomi la sfericità solo nella cupola (non essendo una
linea) che dovesse esprimere l’universalità e la volta celeste.”
(Rivista mensile della città di Venezia, febbraio 1924 pag. 68).
La grave malattia che impedì a Giuseppe Torres di portare a
compimento la propria opera e la perdurante scarsità di fondi
contro cui sempre si era battuto il Cardinale La Fontaine sono
all’origine dell’ aspetto, chiaramente incompleto, che attualmente il
monumento mostra al visitatore; un bozzetto del tempio lascia intuire
una ricca decorazione ad intarsi marmorei a copertura dei mattoni
attualmente visibili, nonché un ricco apparato di statue e busti
e due cavalli
alati posti alla sommità della scalinata.
Due gli obbiettivi che Giuseppe Torres si era prefisso nella costurzione del Tempio Votivo: “nella disposizione dei vari
corpi ho potuto prima di tutto ottenere due risultati simultaneamente:
il risultato mistico ed il risultato pratico. Il mistico viene espresso
da un portico circolare che, come un anello, abbraccia il Domo centrale
creando un recinto sacro, una barriera a difesa dal mondo profano; e
nel contempo ottenni praticamente un notevole aumento di superficie per
il popolo che di estate al Lido è numeroso e anormale, senza
obbligarmi alla costruzione di un grande Domo che avrebbe portato a
spese considerevoli, mentre, ridotto alle proporzioni progettate,
può, in inverno, quando il concorso di popolo è normale,
servire a sufficienza. Sì che la parte centrale o Domo,
conterrà circa 1500 persone, mentre la superficie totale,
compreso il Sagrato, ne conterrà 4500 (Rivista mensile della città di Venezia, febbraio 1924 p. 69).
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