Sono sposate, per il 56% hanno un diploma superiore e per il 23% una laurea, parlano bene la lingua italiana, sono per il 75% madri, vivono in Italia mediamente da quattro anni, sono in stragrande maggioranza cristiane ortodosse, sono arrivate nel nostro Paese con un permesso turistico ma con l’idea precisa di trovare lavoro, provengono per il 36% dalle Filippine e per il 19,6 dall’Ucraina, il 66% invia regolarmente rimesse ai figli e ai parenti: questo è il volto delle donne extracomunitarie che lavorano negli alberghi di Venezia emerso da una ricerca che Leila Maria Collazuol ha condotto per conto dell’Associazione veneziana albergatori (Ava) in collaborazione con il Comune di Venezia e presentata con una conferenza stampa oggi a Ca’ Farsetti. Erano presenti l’assessore comunale alle Politiche sociali, Delia Murer, il presidente e il direttore dell’Ava, Franco Maschietto e Claudio Scarpa, l’autrice della ricerca.
Murer, dopo essersi complimentata con l’Ava per aver realizzato questa ricerca, ha affermato che alcuni dati confermano precedenti studi e analisi: “non si può più affrontare queste tematiche in termini emergenziali – ha affermato l’assessore – siamo obbligati a creare fili di collaborazione tra Enti e associazioni per evitare sovrapposizioni e per offrire risposte concrete a una manodopera di cui c’è estremo bisogno; senza operai, senza badanti, senza camerieri e lavapiatti, le nostre industrie, le nostre case, le nostre attività economiche non potrebbero funzionare”.
Scarpa ha ricordato le meritorie attività promosse dall’Amministrazione comunale veneziana nel tessuto sociale e nelle scuole a favore dei processi di integrazione, poi citando una frase famosa “pensavamo di aver importato manodopera, sono arrivate persone” ha spiegato che l’Ava doveva interessarsi di quello che succede fuori orario di lavoro ai propri dipendenti immigrati perché questo è l’atteggiamento di un imprenditore maturo e perché un lavoratore integrato opera meglio. Ha poi rammentato che il numero delle donne extracomunitarie negli alberghi è circa del 54%. “Sono donne che compiono dei grandi sacrifici per poter mandare denaro a casa e assicurare un futuro migliore ai propri figli, sono ottime lavoratrici, nostro dovere – ha proseguito il direttore dell’Ava – è comprendere e rispettare usanze e cultura, cercare di offrire risposte al problema della casa per il quale siamo disponibili a ristrutturare eventuali immobili e attivare finanziamenti e aprire tavoli di confronto per strutturare al meglio i servizi”.
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