Nella saletta Da Villa alla Casa dell’Ospitalità a Mestre, si è raccontato il carcere attraverso quattro anni di vignette che hanno come protagonista l’inedito Dado, disegnato da Graziano Scialpi, nella duplice veste di vignettista-detenuto, che si incontra con Bobo, l’eroe delle vignette di Sergio Staino. Il libro è il terzo pubblicato dall’associazione “Il granello di senape”, grazie al contributo della Istituzione veneziana servizi sociali alla persona - Ivssp, alla collaborazione della cooperativa “Il cerchio” e dell’associazione “Esodo” con l’obiettivo di riuscire a parlare di carcere fuori dal carcere.
Con Graziano Scialpi e Sergio Staino, alla presentazione del libro sono intervenuti l’assessore comunale alle Politiche sociali e ai rapporti con il volontariato, Delia Murer, il presidente di Ivssp, Domenico Casagrande, il giornalista e vignettista Fulvio Fenzo. “L’iniziativa di oggi rappresenta bene l’efficacia che ha la rete messa in opera dalle risorse pubbliche e da quelle del volontariato privato. Lavorare assieme è anche un modo per vincere la diffidenza - ha detto l’assessore Murer - che spesso hanno le istituzioni sociali nello spingersi fuori di sé, perciò lavorare insieme ci porta a fare meglio”.
“Le vignette sul carcere mi sono piaciute ancor prima di vederle - ha detto Sergio Staino - e proprio perché escono da quel luogo. L’ironia e poi la satira hanno di bello il farci ridere proprio partendo da situazioni che generalmente non sono piacevoli. La satira come forma prima di indignazione e di protesta è un’operazione di intelligenza che, nell’amplificazione di alcuni caratteri, fino ad estremizzarli, richiama sempre alla verità. La satira è una sorta di analisi del potere, che ha lo scopo di evidenziarne i punti deboli, ed è questa la ragione del suo essere antipatica a chi invece rappresenta il potere, e ha come esigenza la diffusione di certezza”.
Dado, il protagonista delle vignette, sa di muoversi in un territorio minato e questa è la ragione del suo presentarsi totalmente indifeso facendo piccoli discorsi di denuncia su grandi fatti, sapendo che l’istituzione di potere ha la possibilità di muoversi schiacciandolo. Come ha sottolineato Scialpi, in carcere ridere è importante, non solo perché la risata rappresenta un momento di condivisione, di rilassamento, il mettersi su di un altro piano ma anche perché si tratta della possibilità di affermare nel carcere un’umanità che troppo spesso non c’è. L’alternativa è l’autodistruzione mentre la risata, l’ironia sono una conquista importante nel percorso di accettazione di sé e di distacco.
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