Doveva essere un ricordo riservato, da distribuire tra i familiari e gli amici, la pubblicazione di un manoscritto giovanile di Giovanni Battista Gianquinto: un testo drammaturgico redatto quando egli era nel carcere di Padova, nel 1929-30, ritrovato molti anni dopo la morte di Gianquinto, tra le carte fin allora conservate con gelosia dalla moglie, e ignote persino ai figli. E invece, l’iniziativa del figlio Antonino per il centenario della nascita del padre – il libro “Cent’anni di Giovanni Battista Gianquinto”, per i tipi delle Grafiche veneziane – ha incontrato il vivo apprezzamento del sindaco Massimo Cacciari, che ne ha voluto la pubblica presentazione a Ca’ Farsetti, come occasione per ricordare la figura di Gianquinto.
Nativo di Trapani, veneziano d’adozione, Giovanni Battista “Giobatta” Gianquinto fu figura di spicco nella professione forense come avvocato penalista e nell’impegno politico che lo vide militante tra le file dell’antifascismo e poi della Resistenza; dirigente del partito comunista, fu vice sindaco nella Giunta popolare dal 1945 al 1946 e sindaco dal 1946 al 1951; deputato nel 1953, senatore nel 1958 e nel 1963, fu sempre anche consigliere comunale, salvo una parentesi dal 1970 al 1975, anno in cui fu rieletto e nominato assessore agli Affari istituzionali, ruolo in cui svolse una intensa attività; morì nel 1987.
L’incontro è stato aperto da Antonino Gianquinto, il quale ha posto in risalto come dal libro emerga un Gianquinto giovane “diverso” dall’uomo pubblico poi conosciuto dai veneziani, giovane con una fiducia utopica nel “futuro sociale”. Il sindaco Cacciari ha rilevato come la numerosa presenza di pubblico testimoni ancor oggi l’affetto che Venezia continua a nutrire per Gianquinto, del quale ha ricordato la grande personalità e la straordinaria popolarità, e insieme il personale rapporto di simpatia e di amicizia. Cacciari ha quindi confidato essergli sconosciuta la attività letteraria di Gianquinto, rivelata dal libro, che getta una luce diversa sulla sua figura, mostrandone la precocità delle scelte, la nettezza di giudizi, la precisa scelta di classe come radice dell’antifascismo, in controtendenza rispetto alla matrice liberale allora prevalente tra gli intellettuali. L’on. Gianmario Vianello ha ripercorso gli anni giovanili di Gianquinto, dalla iniziale adesione al partito repubblicano – eversivo e ribelle, in un Paese governato dalla monarchia – all’approdo al partito comunista e alla attività clandestina, fino al ruolo di primo piano svolto alla caduta del fascismo e all’armistizio, preludio del futuro ruolo di sindaco, quando volle il Comune come “presidio di libertà”, libertà alla quale aveva sciolto un inno in un giovanile scritto sul pensiero religioso di Mazzini, per concludere ricordando la passione di Gianquinto per il legame di Venezia con la laguna, la passione per la città e la sua specialità, che lo fece promotore della legge speciale, l’intenso legame con il popolo e con il mondo del lavoro.
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