Il Giorno del Ricordo è stato celebrato questa mattina, nella Sala consiliare del Municipio di Venezia, con un incontro al quale sono intervenuti la presidente del Consiglio comunale, Mara Rumiz, il presidente del Comitato provinciale dell’Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Tullio Vallery, il consigliere nazionale dell’Associazione, Luigi Tomaz, lo psicanalista Alberto Semi, il prosindaco di Mestre, Gianfranco Bettin. Come noto, il Giorno del Ricordo è stato istituito con la legge 30 marzo 2004, n. 92 “al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale”.
La presidente Rumiz ha ricordato come da molti anni, ben prima della legge, la Città di Venezia e soprattutto il Municipio di Mestre, abbiano dato vita a iniziative per ricordare l’orrore delle foibe e la tragedia dell’esodo, che coinvolse direttamente la comunità e il territorio di Venezia. Oltre la commemorazione, ha detto Mara Rumiz, anche oltre il dovere del ricordo di una tragedia per troppo tempo dimenticata, il ricordo deve e vuole essere “un diritto” della comunità per informare su di esso l’azione quotidiana. Confermando la volontà del Consiglio comunale di impegnarsi perché il Giorno del Ricordo possa non esaurirsi in una cerimonia ma svilupparsi in un programma articolato, così come la Giornata della Memoria delle vittime della shoah, la presidente ha sottolineato come l’iniziativa sia stata assunta da tutto il Consiglio comunale, rappresentanza di tutta la città, al di sopra delle parti politiche, e quindi sia una iniziativa istituzionale e collettiva, che non può essere oggetto di strumentalizzazioni né di interpretazioni di parte.
Il prosindaco Bettin ha ricordato come la “precocità” di Venezia rispetto al Paese nel ricordare la tragedia delle foibe e dell’esodo sia dovuta al rapporto molto stretto che la Città tutta e non soltanto il Comune ha avuto con la comunità degli esuli, in un percorso non privo di contrasti che oggi si stanno stemperando (accennando alle scritte contro l’intitolazione di Piazzale Tommaseo ai Martiri delle foibe, Bettin ha detto non saranno le scritte né gli insulti né le minacce a fermare l’attività della Città e del Comune per il ricordo). Il prosindaco ha quindi affermato che la comunità di Venezia è stata capace di “riprendersi” la tragica vicenda, soprattutto “il dolore di una storia” che è stato portato in solitudine per sessant’anni dagli esuli; la dimensione emotiva ha aiutato a una consapevolezza razionale e autentica, la città ha colto la ferita agli istriani, ai fiumani, ai dalmati come una ferita alla propria storia e alla propria esperienza; e ne ha tratto una lezione a ricordare il passato che rende capaci di aprire strade nuove per il futuro.
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