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21/12/2004

Categoria: Attività produttive

Presentato il libro “Porto Marghera. Il Novecento industriale a Venezia”


Per la prima volta sono state raccolte in modo organico immagini e dati provenienti dagli archivi di aziende e industrie che hanno operato a Porto Marghera. Il libro “Porto Marghera. Il Novecento industriale a Venezia”, (accompagnato da un interessantissimo Cd-Rom contenente oltre 5000 immagini), presentato questa mattina a Ca’ Farsetti, si propone quale punto di partenza per nuovi studi e analisi sulla realtà industriale veneziana.


“Si tratta di un materiale preziosissimo - ha spiegato l’assessore comunale alle Attività produttive, Luciano De Gaspari, promotore della pubblicazione - che ripercorre la storia di Porto Marghera dalle origini ai giorni nostri. Un patrimonio unico che aprirà anche nuovi e forse contraddittori dibattiti non solo sul percorso industriale dell’area trattata, ma sull’intera storia industriale del Novecento, partendo dalla condizione dei lavoratori. Il Duemila sarà ancora interessato da una zona industriale a Marghera, e ripercorrere il passato è un modo per meglio interpretare e disegnare il futuro”.


Sergio Barizza, che ha curato i testi, ha ricordato che grazie alla nascita di nuove industrie sono nate una nuova città e attività nelle quali hanno lavorato molti nostri predecessori: tra questi, c’è chi ha perso anche la vita. “Credo sia importante far girare questo materiale - ha auspicato Barizza - contattando scuole e associazioni”. “Gli archivi devono essere vivi - ha infatti aggiunto Daniele Resini, curatore della parte fotografica - e purtroppo parte del materiale è andato perso per incuria o per desiderio da parte di molte industrie di mostrare una versione ‘addolcita’ del lavoro, con foto scattate con quinte scenografiche allestite per l’occasione o con reparti ripuliti in occasione degli scatti. Pure molti operai mostravano in certe foto abiti appena stirati, quando le condizioni di lavoro erano davvero molto dure e la sporcizia largamente diffusa. Con il nostro lavoro abbiamo cercato di ovviare ad un diffuso vuoto di coscienza industriale e ad una mancanza di cultura della documentazione. È stata una ricerca dura, ma che intendiamo continuare, con l’appoggio delle istituzioni”.