5 febbraio 2004
Paolo Costa, Sindaco di Venezia
Signor Presidente della Repubblica, Autorità, Signore e Signori benvenuti a Venezia. Bentornato Signor Presidente della Repubblica in questo Teatro che da poche settimane è tornato a “stupire” i veneziani, gli italiani e il mondo intero. Mi auguro che lo “stupore” sia anche il sentimento prevalente in tutti voi ora. Il luogo e il momento in cui ci ritroviamo mi sono propizi per dare un contenuto non di pura circostanza al saluto che vi rivolgo con grande amicizia.
Mi è propizio il luogo. Perché la ricostruzione del Teatro, come ogni altra grande opera pubblica italiana, è stata segnata dalla interazione tra il potere centrale e quello locale ed ha visto coinvolta la Magistratura. Tutta la Magistratura. Da quella penale, a quella civile, a quella amministrativa, a quella contabile che in più momenti hanno messo sotto la lente di ingrandimento il processo di ricostruzione. Il fatto che la ricostruzione non abbia subito interruzioni nonostante i riscontri giudiziari ai quali è stata sottoposta da una Magistratura che ha svolto il suo compito con efficienza, va a merito di entrambi. Un piccolo esempio di rispetto reciproco delle rispettive competenze, una piccola dimostrazione di leale collaborazione.
Mi è propizio il momento. Purtroppo perché non posso dimenticare il clima sofferto nel quale si è svolta l’inaugurazione dell’anno giudiziario. L’eco di quelle cerimonie non è ancora spento e ci ha costretti a prendere atto dell’esistenza di un nodo sofferto, di un problema non risolto che angustia la nostra vita democratica. Il fatto che il tema della lentezza della giustizia e dei modi per affrontarlo sia rimasto solo sullo sfondo, proiettando invece davanti a tutti quello del rispetto di principi fondamentali come la separazione dei poteri e l’indipendenza e l’autonomia di ognuno, ci dice come stiamo vivendo un momento cruciale per le sorti della nostra democrazia.
Dobbiamo fare tutti oggi il consapevole sforzo di affrontare questo momento di crisi ispirando i nostri comportamenti al principio della leale collaborazione. Quella “leale collaborazione” che presuppone separazione, indipendenza e autonomia di ognuno e che fu affermata dalla Corte Costituzionale proprio come principio regolatore dei rapporti tra i diversi poteri dello Stato.
Mi auguro che dai lavori di questo congresso possa emergere un messaggio chiaro sia nei confronti del legislatore, che sta ponendo mano a provvedimenti che potrebbero riflettersi sull’indipendenza e sull’autonomia del potere giudiziario, sia nei riguardi dei comportamenti quotidiani di coloro che questo potere esercitano e di coloro che lo devono rispettare.
Mi auguro che emerga un messaggio chiaro che aiuti a creare un clima nel quale le sentenze sono rispettate, i giudici godono della fiducia della collettività, tutti i titolari di ogni altro potere accettano con serenità il vaglio e il controllo della Magistratura. Mi auguro che scaturisca la consapevolezza che la giustizia aumenta la sua credibilità se è capace di diventare più efficiente e puntuale.
La fiducia della collettività nell’azione giudicante è un bene superiore, essenziale per tutti. Io vi auguro di mantenerla salda, di conservarla intatta, perché senza fiducia nel proprio giudice sarebbe arduo chiedere giustizia e sarebbe impossibile sottoporvisi, sarebbe insostenibile credere nelle istituzioni, sarebbe insomma difficile poter dire di vivere in un’autentica democrazia.
Buon Lavoro
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