PALESTINA
Missione per la pace
|
|
mercoledì 17 aprile
Prosegue la missione in Israele e nei territori palestinesi della delegazione
veneziana.
Il 15 aprile si è trasferita a Tel Aviv per incontrare l'Ambasciatore
d'Italia, Giulio Terzi, che ha sottolineato l'importanza di missioni come
questa, tese a costruire relazioni e progetti con le due parti in campo,
quello palestinese e quello israeliano. L'Italia e l'Europa potranno avere
un grande ruolo nella ricostruzione delle città palestinesi. Nel
pomeriggio si è effettuato l'incontro con Yossi Beylim, ex ministro
dei Governi Rabin e Peres e massimo negoziatore con i Palestinesi. La
crisi attuale deriva anche dal fatto che dopo Oslo si è lavorato
esclusivamente " dall'alto" e non si sono, invece, favoriti
i contatti quotidiani.
La popolazione israeliana e quella palestinese non erano pronti alla
pace. Oggi nella popolazione israeliana gli attacchi terroristici hanno
portato alla contestazione degli accordi e i Palestinesi hanno perso fiducia
nei confronti degli israeliani.
C'è bisogno di un intervento internazionale; è auspicabile
che Israele entri nella NATO e che qui arrivino le forze NATO: ciò
aiuterebbe Israele a sentirsi meno sola " ha detto".
Beylim, insieme a Sari Nousseibe (Ministro per gli Affari Politici di
Gerusalemme e Rettore dell'Università di Gerusalemme - Palestinese)
ha fondato la coalizione Israeliano - Palestinese per la Pace. Finito
l'incontro con Beylim, è iniziato quello con le Associazioni Israeliane
per la Pace (Israely Peace Camp). Anche da queste c'è stata la
conferma della pesantezza degli interventi dell'esercito israeliano nelle
città palestinesi, la denuncia della grave situazione umanitaria,
la richiesta di forze internazionali.
Il 16 aprile la delegazione si è divisa: Rumiz e Moretto a Betlemme;
Basaglia a Ebron; Suppiej a Gerico.
Tre situazioni diverse ma unanime considerazioni sull'insostenibilità
della condizione.
Rumiz e Moretto facevano parte della delegazione organizzata dalla Cooperazione
Italiana: sei persone (oltre ai veneziani, due trentini, Flavio Lotti
- direttore del Coordinamento EE.LL. per la pace e Claudio Giubergia -
responsabile della Cooperazione d'Emergenza del Consolato Italiano) con
un convoglio formato da un camion, due furgoni e un fuoristrada per portare
a Betlemme 12 tonnelate di viveri, organizzati in 500 confezioni familiari
(1 per famiglia). Durante tutta la giornata si è proceduto alla
scarico e alla consegna casa per casa o zona per zona, nei quartieri intorno
alla Natività, i più provati dall'isolamento.
A Betlemme la situazione è pesantissima: non c'era nessuno nelle
strade ormai distrutte, con le rete dei servizi divelte e la pavimentazione
saltata. Negli ultimi giorni non c'è stata interruzione del coprifuoco:
la gente perciò era bloccata in casa e chiamava dalla finestre.
In 16 giorni, per la popolazione, quello di ieri è stato il primo
contatto. Per 16 giorni la popolazione è rimasta (rimarrà)
senza telefono, senza elettricità, senza cibo.
Emblematica la situazione delle sei suore francescane, missionarie di
Maria, che hanno accolto piangendo la delegazione, assolutamente disperate
per la segregazione.
A Betlemme girano soltanto decine e decine di carri armati e durante tutte
le giornate si è continuato a sparare proprio nell'area in cui
si stava operando.
Mercoledì 17 aprile
Nella serata del 16, rientrati a Gerusalemme, la delegazione ha partecipato
all'incontro con Sary Nousseibe (Ministro dell'Autorità Palestinese
e Rettore dell'Università di Gerusalemme). Nousseibe ha parlato
soprattutto dell'iniziativa " Time for peace" lanciata insieme
a Beylim, con lo scopo di avviare un progetto di democrazia popolare (campagna
per la pace della gente). Il coinvolgimento della gente israeliana e palestinese,
è l'unico modo per sboccare la situazione. Per il 28 giugno si
sta organizzando una catena umana a Gerusalemme.
Il 17 aprile si celebra in Israele la Festa dell'Indipendenza Nazionale.
Ieri sera, per festeggiare, a Gerusalemme c'erano i fuochi artificiali.
In mattinata la delegazione ha incontrato Janet Aviad, fondatrice di Peace
Now.
L'esponente israeliana ha dichiarato che lo scopo del movimento è
operare per spostare l'opinione pubblica israeliana verso la pace. L'unica
vera condizione per la pace è il ritiro dai territori occupati
nel 1967. " usciamo dai territori con o senza accordo" - ha
detto.
Ha anche fatto presente che, visto che il problema vero per gli israeliani
è la sicurezza, hanno pensato di cambiare nome al movimento : da
PEACE NOW a BORDER NOW.
|